Riprendiamo da ITALIA OGGI del 26/02/2016, a pag.5, con il titolo " Germania: vietato dire la verità" il commento di Roberto Giardina sul caso di una tedesca, ex profuga iraniana, che ha denunciato le violenze di Colonia ed è stata accusata di razzismo. Per non aumentare l´estremismo, c'è la censura sui reati.
Roberto Giardina
Emitis Pohl
“Ich bin Migrantin und werde als Nazi bezeichnet”, sono una migrante e vengo accusata di essere nazista, è il titolo della “Welt” sul caso di Emitis Pohl, 42 anni, iraniana con passaporto tedesco, sottoposta a linciaggio mediatico per aver detto quel che pensa sulle violenze commesse da un migliaio di giovani arabi la notte di San Silvestro a Colonia, la città dove vive.
Andare contro corrente a volte può essere pericoloso, e quasi sempre fastidioso. In Italia come in Germania. I tedeschi si trovano quasi in scacco matto, anche a causa del recente passato. Chi denuncia il comportamento di una minoranza dei profughi viene accusato di razzismo, e di alimentare i movimenti populisti.
Un albergo tramutato in centro di accoglienza viene dato alle fiamme in Sassonia, nella ex DDR, un pullman che trasporta Flüchtlinge, fuggiaschi, come sono chiamati qui con più esattezza i nostri migranti, viene circondato da un gruppo di violenti che li vuole cacciare.
Le aggressioni aumentano, come i voti dell´AfD, l´alternative für Deutschland, che raccoglie consensi con i suoi slogan contro l´euro, l´Europa, e la politica della Merkel che ha aperto le frontiere a tutti: sono arrivati oltre un milione entro pochi mesi, e tre milioni e 600mila sono attesi entro il 2020.
Alla polizia si consiglia di non rivelare la nazionalità di chi commette reati, e i media almeno all´inizio hanno collaborato a questa censura spontanea. Il risultato è che hanno perso di credibilità.
Le analisi di voto per le tre elezioni regionali in programma a metà marzo, vedono in calo i cristiano democratici di Frau Angela, ma a crollare sono i socialdemocratici che rischiano di venire superati dall´AfD. Sono i loro elettori ad avere più paura, e a farsi sedurre dagli slogan populisti.
I nuovi venuti devono integrarsi e rapidamente, dicono i politici. Ma è paradossale che proprio chi si è integrato sia accusato di nazismo, come Emitis, giunta 13 anni fa insieme con la famiglia in fuga dall´Iran. E´ abbastanza nota nella sua Colonia per aver fondato una società di pubbliche relazioni specializzata per la piccola e media industria. “Io mi sento vicina a chi fugge dalla Siria, vivono quanto ho vissuto io da ragazzina”, dichiara. Ma sulla pagina internet della sua azienda ha scritto quel che pensava: “Chi commette reati deve essere espulso”, come chi rifiuta di integrarsi.
Emitis, che è anche una bella donna, è stata invitata a un paio di talk-shows televisivi, in cui ha ripetuto quel che pensa. “Sarebbe ragionevole controllare meglio le frontiere”, ha detto alla “Stern TV”, canale dell´omonimo settimanale, certamente non di destra.
E´ stata sommersa da una valanga di critiche e di insulti. E rischia di mettere in pericolo il suo lavoro. Ma non desiste. “Anch´io ho vissuto quella notte a Colonia, ricorda, ero andata con la famiglia a festeggiare l´ultimo dell´anno in un ristorante nel quartiere vecchio, lungo il Reno. A duecento metri dalla stazione. All´uscita, mi sono trovata circondata da una folla di giovani, chiaramente stranieri, che mi insultavano e tentavano di toccarmi. Ho avuto paura, per fortuna mi hanno difesa mio padre e mio marito. I miei due figli piangevano. A qualche mia amica è capitato di peggio. Direi che sono criminali anche se fossero stati tutti tedeschi.”
Perché tacere quel che è successo? La maggioranza dei nuovi venuti si comporta in modo corretto, anche loro sono vittime di queste azioni.
“Mi rende realmente triste, scrive Emitis, che debba avere paura in un paese come la Germania, maledizione. Io non vivo in Afghanistan o in Iran”. Quanto è avvenuto il 31 dicembre ha cambiato il clima di accoglienza. I movimenti razzisti speculano sulle violenze, ma tacere li aiuta.
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