Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 24/02/2016, a pag. 14, con il titolo "Abu Omar: Strasburgo condanna l'Italia", la cronaca di Fabio Poletti; a pag. 23, con il titolo "Abu Omar, perché Strasburgo ci condanna", il commento di Stefano Dambruoso; dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale "Le verità violate nella sentenza Abu Omar".
Ecco gli articoli:
LA STAMPA - Fabio Poletti: "Abu Omar: Strasburgo condanna l'Italia"
Abu Omar
Detenzione illegale, rapimento, tortura e maltrattamenti, uso improprio del segreto di Stato. Sulla vicenda di Abu Omar la condanna dell’Italia da parte della Corte Europea dei diritti umani è senza appello. Era il 17 febbraio di 13 anni fa quando Hassan Mustafa Osama Nasr detto Abu Omar, 43 anni, egiziano, imam della moschea milanese di via Quaranta, indagato per terrorismo, scompare nel nulla per riapparire in un carcere de Il Cairo dove verrà pure torturato. Due anni dopo la procura di Milano individua 22 agenti della Cia che in combutta con i servizi italiani sequestrarono Abu Omar per consegnarlo agli egiziani.
L’allora ministro della Giustizia il leghista Roberto Castelli si rifiuta di firmare la richiesta di estradizione. Il segreto di Stato pesa anche sui processi che si susseguono per anni e che finiscono con la condanna in contumacia degli agenti Cia per sequestro di persona.
Scrivono i giudici di Strasburgo davanti ai quali si era appellato Abu Omar ora libero, insieme alla moglie: «Il segreto di Stato è stato chiaramente applicato dall’esecutivo italiano per assicurare che i responsabili non dovessero rispondere delle loro azioni. Le indagini e il processo non hanno portato alla punizione dei responsabili a cui è stata garantita l’impunità». Ma come se non bastasse nel mirino della Corte Europea finisce anche l’operato dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e dell’attuale Capo dello Stato Sergio Mattarella che hanno concesso la grazia ai vertici della Cia coinvolti nell’operazione. Senza mai citarli per nome la Corte scrive che «amnistia e grazia non devono essere tollerati in questi casi».
Soddisfatto per la condanna Ferdinando Pomarici, che insieme ad Armando Spataro ha condotto l’inchiesta contro gli spioni della Cia: «Adesso il governo rimuova il segreto di Stato». Mentre i legali di Abu Omar si lamentano solo del risarcimento di appena 85 mila euro.
LA STAMPA - Stefano Dambruoso: "Abu Omar, perché Strasburgo ci condanna"
Stefano Dambruoso
La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per il caso Abu Omar, stabilendo che lo stesso era stato vittima di una «consegna straordinaria» iniziata con il suo rapimento il 17 febbraio 2003 da parte di 10 agenti della Cia. Il cittadino egiziano Abu Omar viveva in Italia dal 1998, a Milano. Appena rapito, è stato portato alla base aerea di Aviano per essere trasferito in Egitto, dove è stato incarcerato e sottoposto ad interrogatori durante i quali è stato torturato. Il 19 aprile del 2004 è stato nuovamente arrestato per essere rilasciato il 12 febbraio del 2007 col divieto di lasciare l’Egitto.
Dopo la denuncia della scomparsa da parte della moglie, la Procura di Milano ha avviato un’indagine, da me inizialmente coordinata, conclusasi con la richiesta di custodia cautelare nei confronti di 22 cittadini statunitensi, agenti della Cia. Gli organi inquirenti hanno pertanto richiesto l’estradizione nei confronti dei cittadini americani, istanza che i vari ministri della Giustizia succedutisi non hanno inoltrato alle autorità americane.
Nel corso del processo è stato opposto dagli imputati il segreto di Stato, dando vita a conflitti di attribuzione sollevati, presso la Corte Costituzionale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per supposta invasione da parte degli Organi giurisdizionali nella sfera delle competenze politiche riservate alla Presidenza del Consiglio. Il 4 novembre 2009, il Tribunale di Milano ha emesso una sentenza in cui ha constatato che il sequestro era stato progettato e realizzato da agenti della Cia, sulla base di una decisione presa a livello politico. I 22 agenti della Cia sono stati pertanto condannati in contumacia. Il 14 gennaio 2014 la Consulta, smentendo la Corte di Cassazione, ha accolto il ricorso del Governo Italiano sul segreto di Stato. Nell’aprile 2013 il presidente degli Stati Uniti Obama ha chiesto di concedere la grazia ai 23 agenti della Cia condannati. Il 5 aprile 2013 il presidente della Repubblica Napolitano ha concesso la grazia a un ufficiale della Cia, condannato. Il 23 dicembre 2015 il Presidente Mattarella ha concesso la grazia a due ulteriori agenti americani. Nell’ottobre del 2015 la Corte di Cassazione ha confermato definitivamente la condanna a sei anni di reclusione per terrorismo internazionale nei confronti di Omar.
Con la sentenza di ieri la Corte europea ha condannato lo Stato italiano per il coinvolgimento nel rapimento. La Corte ha ritenuto sussistere la violazione dell’art. 3 (divieti di trattamenti inumani o degradanti) della Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo sia dal punto di vista sostanziale che procedurale. Il governo italiano, secondo la Corte, sapeva e non poteva non sapere, e quindi è correo nelle attività di tortura. Inoltre, dal punto di vista procedurale, non ha fatto tutto quello che avrebbe dovuto fare per assicurare l’esecuzione della condanna. La Corte di Strasburgo sembra dire anche che il segreto di Stato opposto dalla Corte Costituzionale sia intervenuto su materiale probatorio già noto, per cui nessun segreto si sarebbe potuto apporre. Altre persone erano già state condannate, con riti alternativi perché correi per gli stessi fatti. Coloro che invece hanno potuto usufruire del segreto di Stato sono stati assolti. Si è creata, sembra dire la Corte, una disparità di trattamento tra soggetti colpevoli dello stesso fatto. Ed ancora: è possibile leggere apprezzamenti della Corte sulle estradizioni non richieste dal ministro della Giustizia italiano e sulle tre grazie concesse dal Presidente della Repubblica. Si tratta di giudizi consentiti alla Corte ma che sfiorano materie rientranti nella discrezionalità politica. La Corte, comunque, ha riconosciuto un risarcimento che ha tenuto forse conto anche della recente sentenza definitiva di condanna di Abu Omar a sei anni per terrorismo.
Nella sentenza, infine, la Corte ha riconosciuto il grande valore del lavoro svolto dalla nostra magistratura.
IL FOGLIO: "Le verità violate nella sentenza Abu Omar"
La Corte europea dei diritti umani (Cedu), a Strasburgo
Sul più importante scontro italiano tra magistratura, esecutivo e servizi segreti della “war on terror” arriva la decisione della Corte europea dei diritti umani (Cedu). L’Italia è stata condannata per il rapimento e la detenzione dell’ex imam di Milano Abu Omar, che si era rivolto alla Corte di Strasburgo sostenendo che le autorità italiane, coinvolte nella sua “rendition” da parte della Cia, ne avessero violato i diritti. Quello a non essere sottoposto a tortura e maltrattamenti, che invece l’imam avrebbe subìto durante la detenzione in Egitto, e quello al “rispetto della vita familiare”. La Cedu ha stabilito anche che l’Italia ha applicato il segreto di stato in modo improprio e tale da assicurare che i responsabili per l’operazione “non dovessero rispondere delle loro azioni”. Quante verità calpestate in una sola sentenza. Quanto appare come un sequestro di persona in spregio alla legge è stata una legittima operazione di intelligence e di polizia internazionale fuori dagli schemi legali consueti, ma trasformata in un crimine da punire in forma delegittimante e con particolare accanimento. Il limite, sottile e grigio, fra legale e illegale è affidato unicamente alla responsabilità dell’esecutivo e non a magistrati, che fra l’altro in passato hanno scarcerato numerosi altri imam in quanto “resistenti”. Per questo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha graziato Robert Seldon Lady, il capo della cellula della Cia che rapì Abu Omar. Inoltre, se in Italia la stampa mainstream sul caso Abu Omar ha fatto e fa campagne ossessive contro i servizi e il segreto di stato, in America e in Inghilterra e in Israele la stessa stampa negozia con la Casa Bianca, Downing Street e l’esecutivo israeliano la libertà di pubblicare (a volte pubblicano, a volte no). La verità è che, prima l’Italia, e adesso la Ue, non sono riuscite a proteggere una speciale operazione antiterrorismo compiuta insieme agli alleati americani. E’ facile oggi dimenticare, anzi non dovrebbe esserlo dopo il 13 novembre parigino, che la minaccia terroristica è reale e concreta. Non possiamo lasciare alla magistratura, italiana o europea, il compito di decidere che cosa si debba fare per evitare che il paese e i suoi cittadini saltino per aria.
Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare:
La Stampa 011/65681
Il Foglio 06/589090
Oppure cliccare sulla e-mail sottostante