Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 22/02/2016, a pag.45, con il titolo "Dal Danubio a Katyn una mappa della memoria" la recensione di Susanna Nirenstein al libro "Paesaggi contaminati" di Martin Pollack (Keller Ed.)
Susanna Nirenstein
Il padre di Martin Pollack era un nazista, un SS a capo di un commando speciale assegnato a ripulire dagli elementi indesiderati i territori conquistati. Nelle regioni montuose della Slovacchia centrale e non solo dava la caccia agli ebrei nascosti e ai partigiani. Fatto il lavoro, li buttavano in qualche fossa comune scavata dalle stesse vittime, negli stagni, nei fiumi, nelle gole. Potevano essere mille o 3. La logica era la stessa. Distruggere e nascondere, di quelle anime non doveva rimanere niente, tantomeno il ricordo. E niente rimase. La natura rivesti armoniosa ogni strappo. Pollack, dopo aver indagato la storia di suo padre ricercato come criminale di guerra e ritrovato ucciso nel 1947 (Il morto del bunker), guarda ora con occhi appuntiti la geografia europea, la studia, non si stanca di scoprirne i suoi Paesaggi contaminati, per ricostruire una nuova mappa della memoria. Non gli basta sapere del dirupo di Babij Jar, dove le SS gettarono in un dirupo 30mila ebrei e per anni i sovietici non eressero una lapide comunque, o di Katyn (e in luoghi non lontani ) dove nel 1940 per ordine di Stalin l'Urss massacrò circa 25mila ufficiali e intellettuali polacchi, o del Danubio dove negli ultimi mesi di guerra i tedeschi uccisero decine di migliaia di ebrei.
Vuol parlare delle peschiere pittoresche e del fango intorno al castello sloveno di Hastrovec dove nel '45 furono gettati i cadaveri di minoranze tedesche o ungheresi: quelle acque per anni non gelarono più. O delle paludi del Pripyat dove i soldati del III Reich spinsero ucraini, bielorussi e, soprattutto, gli ebrei.
Scruta ogni gobba, fenditura, macchia di colore nei boschi del Burgenland dove il nonno, anche lui un nazista convinto, lo portava in suggestive passeggiate. Racconta mille episodi. Interroga i vecchi dei villaggi. Vuol dare un nome a ogni corpo disperso, perché non c'era nome che venisse registrato nelle esecuzioni di massa, né quello dei morti, né quello degli assassini. E realizza cosi un reportage sui segreti inconfessati del nostro continente, un invito a guardare tutto ciò che ci circonda da un punto di vista sospettoso, pietoso, nuovo.
Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/ 49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante