Riprediamo dal FOGLIO di oggi, 18/02/2016, a pag. 3, l'editoriale "Una tazza di sharia da Starbucks".
Tanta gente in Francia adesso sta rinunciando alle tazze di caffè da Starbucks in segno di protesta per alcuni avvisi posti nei negozi della catena in Arabia Saudita. “Qui le donne non possono entrare”. E ancora: “Per favore mandate i vostri autisti per ordinare”. I giornali francesi spingono molto, e a ragione, sull’indignazione. “In Arabia Saudita Starbucks vietato alle donne”, riferisce il Monde. “Arabia Saudita: Starbucks proibisce alle donne di entrare”, incalza Marie Claire. Un gruppo chiamato Osez le féminisme, che ha quasi ottantamila condivisioni su Facebook, ha paragonato Starbucks alla Germania nazista e all’apartheid e sta ora boicottando la catena di caffè. Una storia surreale e vergognosa, ovviamente. “Starbucks in Arabia Saudita rispetta le leggi locali”, hanno fatto sapere dalla compagnia ammettendo di averceli messi loro quegli avvisi.
Sarà sicuramente andata così, che a Starbucks la legge islamica hanno deciso di adottarla su richiesta dei custodi del regno dell’islam e della sua commissione per la Promozione della virtù e la prevenzione del vizio. Speriamo, almeno. Un ricatto ideologico pur di aprire un negozio a Riad. Come nel deal iraniano. Eppure, a forza di compromessi, a forza di assecondare la pruderie sessista e goffa di questi regimi islamici, a forza di far finta che Raif Badawi non è stato frustato in piazza dai sauditi, a forza di non guardare le decapitazioni per “stregoneria” celebrate nelle piazze saudite, a forza di ammettere funzionari sauditi nel Consiglio dei diritti umani dell’Onu, siamo noi a rimanere in mutande e con una tazza calda di sharia in mano.
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