Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/02/2016, a pag. 17, con il titolo "I coloni e la bionda sul bus: un tranello per i palestinesi", il commento di Davide Frattini.
Davide Frattini
La ragazza bionda a una fermata di autobus in West Bank
La ragazza bionda aspetta alla fermata dell’autobus assieme a un gruppo di palestinesi. Gli arabi hanno terminato la giornata di fatica in un cantiere o come lavapiatti per qualche ristorante israeliano. Aspettano di tornare a Qalqiliya, Tulkarem, Nablus, le città e i villaggi in Cisgiordania: sono i pendolari dell’indigenza, ogni giorno all’alba lasciano casa per venire a lavorare dall’altra parte, si muovono tra i posti di blocco in modo legale, hanno un permesso rilasciato dall’esercito. Su quelle linee viaggiano anche gli ebrei israeliani che vivono in mezzo ai palestinesi, nelle colonie costruite sui territori catturati durante la guerra del 1967. Lamentano di temere per la loro sicurezza, le donne denunciano molestie, scrivono al primo ministro perché il governo intervenga. Le pressioni del movimento e dei partiti che sostengono gli insediamenti non bastano, i viaggi condivisi vanno avanti.
Così nell’autunno di due anni fa il gruppo di estrema destra Ad Kan organizza un’operazione — come rivela il quotidiano liberal Haaretz — per «incastrare» i lavoratori palestinesi, per dimostrare che davvero rappresentino un pericolo. Nonostante la polizia spieghi di aver ricevuto in questi anni una sola denuncia, nonostante una reporter del Canale 10 utilizzi per una settimana quegli stessi autobus e racconti di non aver mai subito attenzioni non volute. Gli attivisti ebrei salgono sui pullman per filmare di nascosto i passeggeri: sono una ragazza bionda e alcuni giovani che parlano arabo. Gilad Ach, fondatore dell’organizzazione, recluta le sue squadre tra i militari congedati dalle unità dell’esercito che abbiano già esperienza in operazioni sotto copertura.
Nella versione non rimontata del video — visionato da Haaretz — la donna viene indicata da uno dei complici, che stuzzica il palestinese, con le battute già scritte nella sceneggiatura del piano: «Sei sposato?». «No». «Cosa pensi di quella ragazza?». «Il bus è vuoto, ma di solito ci sono molte belle ragazze, grazie a Dio». I giornalisti di Haaretz sono convinti che per rendere il dialogo ancora più incriminante le «talpe» di Ad Kan ricreino parte del sonoro. Si sentono solo le voci. Attivista: «Guarda che bellezza». Palestinese: «Sì, quella p... me la porterei sul fondo del bus...». Il filmato — l’organizzazione ribadisce sia autentico — viene passato ai parlamentari e alle televisioni. Le «missioni» di Ad Kan non durano a lungo perché la campagna per screditare i lavoratori palestinesi sembra aver funzionato. Nell’ottobre del 2014 Moshe Yaalon, il ministro della Difesa, annuncia il progetto: creare bus speciali per gli arabi, una separazione che viene bollata come «apartheid», l’idea è criticata anche dal presidente Reuven Rivlin. Nel maggio dell’anno scorso il premier Benjamin Netanyahu decide di bloccare il piano a poche settimane dal lancio.
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