Riprendiamo dal CORRIERE della SERA - Roma di oggi, 17/02/2016, a pag. 13, con il titolo "Così svelo i segreti di Roma", il commento di Lauretta Colonnelli.
David I. Kertzer
Ed.Rizzoli
Se David I. Kertzer, sessantenne di New York, premio Pulitzer per la Biografia 2015, professore di scienze sociali e antropologia alla Brown University, ha vissuto buona parte della sua vita a Roma e qui ha scritto tutti i suoi libri, lo deve alle storie che gli raccontava il padre quando era bambino. Storie che trasportavano il piccolo David ad Anzio, dove il rabbino Morris N. Kertzer era sbarcato come cappellano militare con le truppe alleate. E poi a Roma, dove gli Alleati erano entrati il 4 giugno del 1944 liberando la città dall’occupazione nazista. Cinque giorni dopo, nella Sinagoga a cui erano stati tolti i sigilli messi dalle SS, il rabbino Kertzer celebrò il rito di Shabbat. Accorsero quattromila ebrei romani, quelli rimasti dei dodicimila che fino a un anno prima risiedevano nella capitale. E insieme a loro c’era un centinaio di soldati ebrei dei battaglioni americani e inglesi.
Kertzer raccontava al figlio quei giorni minuto per minuto. Ma c’è un episodio, tra i tanti di quel tempo, che David non rievoca quasi mai, per la commozione che gli provoca ancora. Lo fa adesso, nella biblioteca dell’American Academy in Rome, mentre preannuncia l’incontro del 23 febbraio alle 18 con lo storico Mauro Canali a Villa Aurelia: il primo degli appuntamenti organizzati per la prossima primavera dall’accademia americana con i grandi protagonisti della cultura contemporanea. «Il mio babbo ricordava, tra i cento soldati ebrei, un ragazzo romano, che a sedici anni era riuscito a fuggire dalla città dopo l’emanazione delle leggi razziali e nella sua fuga era arrivato fino in America. Poi si era arruolato nell’esercito alleato. Arrivato a Roma, aveva cercato inutilmente sua madre, che come tanti altri aveva lasciato la propria casa e si era nascosta da qualche parte. Non sapeva come fare per scoprire se era ancora viva. Sperava di vederla durante la cerimonia di Shabbat, ma come ritrovarla in mezzo a più di quattromila persone? Allora il babbo invitò il giovane soldato a salire accanto a lui sulla pedana del Tempio. “Sarà lei a vederti”, gli disse. Il ragazzo obbedì. E dopo un minuto un grido altissimo fece rabbrividire la folla. La madre l’aveva riconosciuto».
David Kertzer, aggiunge che questa scena fu raccontata all’epoca da molti giornali americani e dipinta da molti illustratori e lui leggeva e rileggeva quelle pagine. A ventitré anni decise di partire per l’Italia. «Dovevo preparare la mia tesi di dottorato sui rapporti tra religione e politica. Scelsi Bologna e presi casa in un quartiere popolare dove potevo analizzare la convivenza tra cattolici e comunisti. Vi ritornai più volte. Avevo unito gli studi di storia sociale a quelli di antropologia. Mi interessava lavorare sul campo. Avevo cominciato a indagare la trasformazione del mondo contadino in mondo urbano e l’impatto che questa trasformazione aveva sulla vita delle famiglie. Poi qualcuno mi segnalò il caso di Edgardo Mortara». Il caso del bambino ebreo rapito nel 1858 dall’Inquisizione oggi è noto proprio grazie al libro che Kertzer pubblicò nel 1997, «Prigioniero del Papa Re» (Rizzoli).
Steven Spielberg - la copertina del volume che ricostruisce il caso Mortara
Qualche mese fa Steven Spielberg ha annunciato che ne farà un film. Kertzer intanto ha continuato a lavorare sul tema delle relazioni tra il Vaticano e gli Ebrei, districandole in numerosi best seller. Il più recente, «Il patto col diavolo», uscito nel 2014 con Rizzoli, ha vinto il Pulitzer. Racconta la storia dei rapporti tra Pio XI e Mussolini, attraverso documenti inediti e segreti su spie fasciste inserite nei vertici della Chiesa. Adesso sta preparando un volume sulla Repubblica Romana del 1849. Dove cerca i documenti? «Ho trascorso alcuni mesi negli archivi diplomatici di Parigi e Nantes. Sono trascurati dagli studiosi, ma se si vuole sapere cosa pensava il Papa in quei giorni, le sue emozioni, i suoi gesti più privati, bisogna leggere le lettere degli ambasciatori, che riferiscono nei minimi particolari i loro incontri col Papa al ministro degli esteri francese». Fino a ottobre continuerà le ricerche a Roma, dove è anche «trustee» presso l’American Academy. Ama la città per le camminate lungo il Tevere. La detesta per le difficoltà burocratiche che incontra negli archivi.
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