Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di ogggi, 16/02/2016, a pag. 17, con il titolo "Daoud dice addio al giornalismo: 'E' impossibile scrivere di islam' ", il commento di Stefano Montefiori.
L'Occidente impazzito toglie la parola a uno dei pochi intellettuali musulmani che sono stati in grado di prendere le distanze e denunciare l'islamismo. In questa circostanza i responsabili sono i 19 firmatari di un appello contro Kamel Daoud su Le Monde: un passo in più verso il suicidio dell'Occidente.
Le Monde, edizione francese di Haaretz ?
Ecco l'articolo:
Stefano Montefiori
Kamel Daoud
Appena pochi giorni fa Kamel Daoud ha ricevuto il premio Jean-Luc Lagardère per il miglior giornalista dell’anno. Ora lo scrittore algerino, sfinito dalle polemiche e in particolare da un attacco collettivo contro di lui firmato su Le Monde da 19 studiosi, annuncia: «Sono stanco, abbandono il giornalismo». «Scriverò ancora qualche articolo fino alla fine del mese, e da marzo chiudo — dice al telefono con il Corriere dall’Algeria —. Ho dato molto in questi anni, ho scritto tanto, ho cercato di impegnarmi. Ma le pressioni sono troppo forti: in Algeria gli islamisti mi lanciano la fatwa, e adesso in Occidente c’è chi mi accusa di islamofobia. È un insulto immorale, un’inquisizione. In Francia è diventato troppo difficile esprimere le proprie opinioni».
Kamel Daoud è entrato al Quotidien d’Oran oltre vent’anni fa, poi è diventato caporedattore del giornale della seconda città d’Algeria. Nel 2014 il suo romanzo Il caso Meursault (edito in Italia da Bompiani) ispirato allo Straniero di Camus è arrivato in finale al Prix Goncourt diventando un caso letterario: da allora Daoud ha continuato a scrivere per il suo Quotidien d’Oran ma ha cominciato a essere conteso anche dai grandi giornali stranieri tra i quali Le Monde e il New York Times.
La sua voce è unica: esprime critiche feroci e allo stesso tempo amore nei confronti della cultura di appartenenza, del mondo arabo-musulmano. Dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre, Daoud ha scritto per il New York Times un memorabile pezzo di denuncia sull’Arabia Saudita, «un Isis che ce l’ha fatta», e sugli stretti legami che la Francia e l’Occidente ancora intrattengono con l’oscurantista regime wahabita. Il 31 gennaio poi lo scrittore algerino ha pubblicato un lungo articolo su Le Monde a proposito dei fatti di Colonia, dove molti immigrati nordafricani e mediorientali hanno molestato decine di donne la sera di Capodanno. Daoud ha osato parlare della miseria sessuale degli uomini e della condizione della donna nel mondo arabo. «L’Occidente dimentica che il rifugiato proviene da una trappola culturale che si riassume soprattutto nel suo rapporto con Dio e la donna. (...) Non basta accoglierlo dandogli dei documenti e un dormitorio. Bisogna offrire asilo al corpo ma anche convincere l’anima che deve cambiare. L’Altro arriva da questo vasto universo doloroso e spaventoso che sono la miseria sessuale nel mondo arabo-musulmano, il rapporto malato con la donna, il corpo e il desiderio. Accogliere l’Altro non significa guarirlo».
Daoud ha avuto il coraggio di denunciare una realtà che conosce bene, provenendo lui da quel mondo, e vivendo ancora ad Orano, in Algeria. Pochi giorni dopo su Le Monde un gruppo di 19 tra sociologi, storici e antropologi hanno firmato un testo in cui accusano Daoud di «riciclare i più triti cliché orientalisti», di contrapporre un «mondo della liberazione e dell’educazione» (l’Occidente) a un «mondo della sottomissione e dell’alienazione» (l’Oriente islamico), e di «produrre l’immagine di una fiumana di predatori sessuali potenziali, perché tutti colpiti dagli stessi mali psicologici. Pegida non chiedeva tanto». In conclusione dell’articolo Daoud viene tacciato di islamofobia, la parola definitiva che vale come una scomunica. «Trovo immorale e insopportabile che mi vengano impartite lezioni dai caffé parigini», si sfoga Daoud, che ieri ha scritto una «Lettera a un amico straniero» sul Quotidien d’Oran annunciando l’addio al giornalismo dopo oltre vent’anni. «Viviamo nell’epoca delle ingiunzioni: o stai da una parte o dall’altra. Ogni volta che scrivo qualcosa scateno reazioni eccessive, ricevo tonnellate di insulti e minacce e per fortuna anche manifestazioni di sostegno. Ma non mi trovo a mio agio, perché non sono un provocatore, sono solo un uomo libero che vuole esprimere la sua opinione. Questo non è più possibile». Ha fatto molto male a Daoud il riferimento a Pegida, il movimento xenofobo. «La differenza fondamentale tra me e gli estremisti di destra è che loro criticano l’islamismo per rifiutare l’altro, io per accoglierlo. Il loro scopo è l’esclusione, il mio è la condivisione. Io non sono affatto islamofobo, dico che la religione deve essere una scelta, non un’imposizione. Ma la Francia è un Paese con molti tabù, e io adesso ne faccio le spese».
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