Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 27/01/2016, a pag. 9, con il titolo "Svezia, l'assistente sociale uccisa da un migrante", la cronaca di Andrea Tarquini.
Si chiamava Alexandra Mezher, aveva 22 anni ed era assistente volontaria in un centro profughi a Molndal. A un passo da Goteborg, nella prospera, civile e solidale Svezia. Uno dei migranti ospitato dal centro, un quindicenne somalo, lunedì l’ha massacrata di pugnalate. È stato bloccato dagli altri ospiti dell’istituto d’accoglienza, ma troppo tardi. Quando gli agenti, chiamati con il cellulare dai colleghi di Alexandra, sono arrivati al centro profughi, «hanno trovato il suo corpo in un lago di sangue», riferisce il portavoce della polizia locale, Thomas Fuxborg. Trasportata in ospedale, Alexandra è morta dopo ore di agonia. E il suo omicidio ora scuote la Svezia, il paese Ue che in rapporto alla popolazione accoglie più rifugiati. Il premier socialdemocratico Stefan Lofvén, accorso sul posto, ha parlato apertamente di «una grave e profonda inquietudine che sta scuotendo gli svedesi».
Perché tutta la Svezia è sotto shock: breaking news da Molndal interrompono di continuo i programmi tv e dominano l’informazone sui siti. Il movente dell’assassinio non è ancora chiaro, scrive Svenska Dagbladet citando gli inquirenti, ma certo esaspererà un clima già tesissimo, prima e dopo il recente ripristino dei controlli di frontiera. E la polizia stessa è da settimane sotto accusa: Dagens Nyheter rivela l’esistenza di un codice interno, il 291, usato per ogni rapporto sui crimini commessi da migranti. Il codice significa: segreto assoluto, i media non devono saperlo, per evitare strumentalizzazioni e reazioni xenofobe.
«Alexandra era un angelo, voleva soltanto fare del bene», racconta scosso il cugino al quotidiano popolare Expressen. «Siamo una famiglia di origine libanese, siamo arrivati qui da anni, ci siamo integrati bene, ci sentiamo svedesi». Al centro profughi di Molndal, era andata volontaria, scrive il quotidiano locale Goteborgs-Posten: voleva dare solidarietà nei fatti, e sognava un corso post-dottorato in scienze sociali. Da alcuni mesi lavorava in quella palazzina bianca, che ospitava una decina di giovani profughi: tutti maschi tra i 14 e i 17 anni. Dopo l’omicidio la polizia li ha immediatamente trasferiti in un altro centro, senza rivelare il luogo. «È un crimine orribile», ha detto il premier Loefvén in diretta tv e online appena accorso sul posto da Stoccolma. «So che molti svedesi temono che possano avvenire altri episodi del genere, dato l’alto numero di giovani maschi rifugiati». E intanto i populisti (Sveriges Demokraterna), volano nei sondaggi. Ma l’allarme arriva anche dai vertici delle forze dell’ordine: «Servono almeno 4.100 agenti in più, le violenze nei centri profughi si fanno sempre più frequenti», avverte il capo della polizia svedese, Dan Eliasson.
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