Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 24/01/2016, a pag.16, con il titolo " Generazioni contro: e su Colonia le femministe si trovano su fronti opposti", il commento di Elena Tebano su un'inchiesta dello Spiegel sulle reazione delle femministe tedesche dopo le violenze di capodanno a Colonia e in altre città tedesche da parte di musulmani.
Alice Schwarzer Anne Wizorek
Se Schwarzer sembra essere quella che ha capito meglio la condizione della donna sotto l'islam, va però detto che nessuna delle due si è espressa sul fatto gravissimo che polizia e media tedeschi hanno fatto di tutto per nascondere la gravità di quanto accaduto la notte di Capodanno. Atteggiamento già avvenuto in passato per episodi simili, sempre nascosti alla pubblica opinione. Se la violenza è commessa da musulmani non deve più essere persegiuta legalmente ?
E' quanto avviene sui media occidentali nei confronti degli atti criminali perpetrati dai palestinesi contro la popolazione israeliana, per quanto possano essere mortali, non suscitano esecrazione, e spesso nemmeno condanna. La severità nel giudicarli viene invece rivolta verso Israele.
Ecco l'articolo:
Elena Tebano
Alla distanza di un braccio, ma infinitamente lontane: le aggressioni di Capodanno a Colonia hanno fatto emergere il distacco ormai definitivo tra le due anime del femminismo tedesco. Quello più tradizionale, incarnato da Alice Schwarzer, 73 anni — fondatrice del magazine Emma e prima ancora allieva di Foucault a Parigi ed amica di Simone de Beauvoir — e le nuove femministe «pop», tecnologiche e multiculturali che si sono formate su Internet invece che nei gruppi di autocoscienza. E hanno il loro punto di riferimento nella 35enne esperta di nuovi media Anne Wizorek. L’ha certificato il colloquio organizzato da Der Spiegel in cui le due si sono salutate appena — nota il settimanale — per poi rimanere freddamente «alla distanza di un braccio» (la stessa che all’indomani degli attacchi la sindaca di Colonia aveva infelicemente suggerito alle donne di mantenere rispetto a potenziali aggressori).
Il punto di deflagrazione è il senso dei «fatti di Capodanno».
Secondo Schwarzer il problema principale è che «negli ultimi decenni sono arrivati da noi milioni di uomini provenienti da un contesto culturale in cui le donne sono totalmente prive di diritti umani».
Wizorek, nata nell’ex Ddr e diventata femminista leggendo le attiviste americane in Rete (con le loro riflessioni sul razzismo), è invece una delle promotrici del manifesto «#Senzaeccezioni» che invita a non criminalizzare tutti i migranti dopo Colonia.
«È dannoso che il femminismo venga sfruttato da estremisti per prendersela con certi gruppi della popolazione, come sta succedendo nell’attuale dibattito — vi si legge —. È sbagliato discutere di violenza solo quando gli aggressori sono percepiti com gli “altri”: musulmani, arabi, neri, o nordafricani, in breve tutti coloro che sono considerati “nontedeschi” dai populisti di destra».
Schwarzer le ha replicato che l’antirazzismo è diventato oggi quello che negli Anni 70 era «la lotta di classe» e cioè «l’argomento principale contro il femminismo» perché viene considerato come l’origine di tutti i mali e impedisce di affrontare altre diseguaglianze.
È un punto importante, ma da solo non basta. Le aggressioni di Capodanno sono diventate così esplosive perché hanno dato corpo a un fantasma ben radicato: la paura degli uomini scuri che «stuprano le nostre donne», agitata già negli anni 40 dalla propaganda fascista e rimasta nel nostro inconscio collettivo.
Per questo è facilissimo ridurre tutto a un «noi contro loro» che non aiuta nessuno. Al contempo il sessismo conta, eccome, in quello che è successo: proprio perché è ubiquitario in ogni società, ma alcune (come quella tedesca) l’hanno affrontato anche grazie alle lotte femministe, mentre altre lo hanno istituzionalizzato.
Contano però anche le differenze sociali: gli aggressori di Capodanno erano uomini soli e spesso isolati, poveri e senza prospettive rispetto alle donne che hanno aggredito. Forse in quelle violenze c’era anche un fatale senso di rivalsa. Non può essere una giustificazione, ma se vogliamo impedire che i fatti di Colonia si ripetano vanno compresi come il risultato di tre piani: violenza di genere, differenza culturali e di classe. Affrontarne uno solo non è sufficiente.
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