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Italia Oggi Rassegna Stampa
23.01.2016 Germania: islam violento, non si può dire
Analisi di Roberto Giardina

Testata: Italia Oggi
Data: 23 gennaio 2016
Pagina: 14
Autore: Roberto Giardina
Titolo: «Colonia: la verità non si può dire»

Riprendiamo da ITALIA OGGI del 23/01/2016, a pag.14, con il titolo "Colonia: la verità non si può dire" l'analisi di Roberto Giardina.

Le violenze di Capodanno a Colonia e in altre città tedesche non interessano più ai media italiani. Ben venga l'analisi di Roberto Giardina con questo suo articolo a ricordarci come nella società tedesca, per via dell'altissima presenza musulmana, sia proibito informare sulle violenze di massa compiute da islamici.

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Roberto Giardina

Le violenze di Capodanno a Colonia? Che volete he siano? All'Oktoberest di Monaco si sono registrati 200 stupri, sostiene una collega italiana. A oltre tre settimane da San Silvestro, in Germania ancora ci si chiede che cosa sia realmente accaduto, e il perché, ma a inquirenti, sociologi e giornalisti tedeschi basterebbe leggere i commenti apparsi in Italia, o alcune analisi ascoltate nella tv, sempre italiana, per conoscere la verità, quasi sempre politically correct, oppure no. Più dei fatti, contano le proprie convinzioni, e se non ci sono prove, si inventano. I giovani maschi arabi vanno compresi, non sono diversi dagli europei, che stuprano quando capita, come a Monaco. Io ritengo che un solo stupro sia grave per chi lo subisce come 200, ma alla festa della birra a Monaco di Baviera, che tanto piace agli italiani, le violenze nel 2014 furono in media una al giorno, per le due settimane dedicate alle grandi bevute e mangiate. Troppe certamente. Non si hanno dati per l'anno scorso, ma saranno su per giù identici. Comunque, dovrebbe essere evidente che non si può paragonare il caos scatenato per ore da un migliaio di giovani agli atti di singoli maschi gonfi di birra, a qualunque nazionalità appartengano. E si dà per certo che i responsabili non fossero rifugiati dell'ultima ora. Chi è fuggito dalla guerra, non compie simili atti a rischio di essere espulso, si ritiene. Invece, quella notte a Colonia, e altrove in diverse città tedesche, hanno partecipato anche giovani appena arrivati, come lentamente viene reso noto. E vero che la grande maggioranza dei presunti colpevoli viene dal Maghreb, dal Marocco, dall'Algeria, e anche dalla Tunisia, una provenienza dunque che non dovrebbe dare diritto all'asilo. E molti ancora vivono in Germania da tempo. Illegali, ma tollerati. La realtà è sempre sfaccettata. La polizia giustifica il suo silenzio iniziale con le direttive impartite dai politici, locali e nazionali: non comunicate la nazionalità dei responsabili dei reati, ad evitare di mettere in pericolo la politica dell'accoglienza. I ministri competenti, a Berlino e nel Land di Colonia, la Nord Renana Westfalia, smentiscono. In diverse interviste, gli agenti confermano. E si ha l'impressione che non abbiano torto. Basterebbe leggere il libro di Tania Kambouri, poliziotta di origine greca, nata nel 1983 a Bochum, città della Ruhr a 90 chilometri da Colonia, «Deutschland im Blaulicht-Notruf einer Polizistin». Cioè Germania in luce azzurra, quella lampeggiante delle auto della polizia (Piper Verlag;14,99 euro), chiamata d'emergenza di una poliziotta, entrato due anni fa nella lista dei bestseller dello Spiegel, recensito da testate autorevoli come Die Zeit e Frankfurter Allgemeine. Tania ha preso spunto dalle innumerevoli lettere dei colleghi a cui rispondeva sulla rivista del suo sindacato, Deutsche Polizei. Tania, in una recente intervista, racconta di non aver mai dovuto fronteggiare una situazione come quella di Colonia, «ma i colleghi mi riferiscono di violenze simili, sia pure con meno partecipanti». E fa i conti, scriveva la Faz, con «i socialromantici sostenitori di una acritica società multikulti». Che futuro domani in Germania se i migranti responsabili di reati continueranno a rifiutare di seguire le regole del paese che li ospita? «Ogni giorno io e i colleghi siamo confrontati con migranti che violano la legge, e tra loro la maggioranza sono musulmani, che non hanno il minimo rispetto davanti alla polizia». Ancor meno innanzi a una donna poliziotta: «Si rifiutano di parlare con me, e mi urlano in faccia: vattene, mandami un tuo collega uomo». Anche lei, come tedesca dalle radici straniere, si sente spesso a disagio, nel riferire quel che accade: «I miei colleghi tedeschi si trovano in imbarazzo ad esprimere la loro opinione su stranieri responsabili di reati, perché subito cominciano le accuse e i sospetti di nazismo». Non è ammissibile che gli agenti debbano aver paura di venir ripresi e rimproverati se hanno a che fare con stranieri residenti che violano la legge: «Tra i migranti si è creata una società parallela, dove si crede di poter fare quel che si vuole». I superiori, scrive Tania, consigliano di lasciar perdere le denunce per insulti o violenze nei nostri confronti «perché porterebbero solo problemi». Sono osservazioni che risalgono al 2013, e già allora l'autrice fu accusata di essere di destra: «Ma io per il mio aspetto e per il mio nome vengo subito identificata per non tedesca, e voglio proprio evitare che per una malintesa tolleranza, la società tedesca diventi per reazione razzista e populista». Una testimonianza sospetta? Da quel che scrive e da come lo scrive, die Polizistin mi sembra niente affatto reazionaria, anche se indossa una divisa tedesca.

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