Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 20/01/2016, a pag. 3, con il titolo "Il francese Valls durissimo in difesa della laicité (e di Israele)", l'analisi di Mauro Zanon.
Mauro Zanon
Manuel Valls
“Un collaboratore di un osservatorio della République non può prendersela con una filosofa come Elisabeth Badinter. Non perché è una filosofa, e nemmeno perché si chiama Elisabeth Badinter, ma per le sue dichiarazioni: quella di Badinter è una difesa intransigente della laicità in molti ambiti che condivido. E questo deve essere ricordato a tutti. L’osservatorio è indipendente, ma in questo caso sono state varcate delle linee”.
Con queste parole il primo ministro, Manuel Valls, è intervenuto ieri nella querelle che ha visto protagonisti in questi giorni la femminista Elisabeth Badinter e alcuni membri dell’Observatoire de la laïcité, organo che assiste il governo nella sua azione di difesa della laicità. Invitato dagli Amis du conseil représentatif des institutions juives de France (Crif), Valls ha difeso la Badinter, che la scorsa settimana, su France Inter, aveva dichiarato che la laicità va difesa anche a costo di “farsi trattare da islamofobi” e per questo era stata accusata da Jean-Louis Bianco e Nicolas Cadène, direttore e relatore generale dell’Observatoire, di aver “distrutto” con un’intervista “un lavoro di pedagogia di tre anni sulla laicità”.
Elisabeth Badinter
Ha parlato di molte cose, Valls, durante la serata organizzata ieri dal Crif. Si è soffermato a lungo sugli attentati terroristici che hanno insanguinato Parigi nel 2015, ha detto che “le critiche alla politica di Israele si sono trasformate in un ‘antisionismo’ che dissimula pressoché sistematicamente un antisemitismo”, ha tuonato contro le numerose “organizzazioni che partecipano a questo clima nauseabondo”, a partire dalla campagna internazionale di boicottaggio di Israele “BDS”, ma del suo discorso è la parentesi sulla laicità che ancor più delle altre ha suscitato grande approvazione. Oltre alla polemica virulenta che ha coinvolto la Badinter, il primo ministro ha fustigato la decisione dell’Observatoire de la laïcité di firmare un appello su Libération, intitolato “Nous sommes unis”, accanto a Samy Debah e Yasser Louati, direttore e portavoce del controverso Collectif contre l’islamophobie en France (Ccif), Radia Bakkouch, presidente dell’associazione interconfessionale Coexister, e Nabil Ennasri, giovane leader musulmano e figura ambigua vicina ai Fratelli musulmani: “L’Observatoire de la laïcité – che è sotto la mia responsabilità – non può essere un organo che snatura la realtà di questa laicità. Deve essere chiaro sugli appelli che firma: non si possono firmare appelli, compresi quelli per condannare il terrorismo, con organizzazioni che ritengo corresponsabili di un clima nauseabondo. Non è possibile”.
Chiarezza e intransigenza, dunque, sulla sacra laïcité: un tema che al premier socialista sta a cuore da molto tempo. Il suo primo libro, “La laïcité en face” (2003), è una raccolta di interviste realizzate ai tempi in cui era sindaco di Evry, dalla quale emerge il suo attaccamento ai princìpi della legge del 1905 che separa la chiesa dallo stato. Dieci anni dopo, sulla stessa scia, ha pubblicato “La laïcité en France”, manifesto della sua battaglia per una “laicità esigente”. Valls è l’unico in seno all’esecutivo socialista ad aver capito che il politicamente corretto è il miglior alleato dell’islamismo, che autocensurarsi quando si tratta di nominare la matrice religiosa del terrorismo – quel “silence religieux” denunciato dal giornalista del Monde Jean Birnbaum in un saggio appena uscito – non soltanto elude un problema che rischia di peggiorare, ma fa male ai milioni di fedeli che in giro per il mondo si battono per un islam dialogante e compatibile con le società occidentali. Alla sinistra pol. corr., Valls preferisce la “gauche Badinter”.
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