Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 11/01/2016, a pag. 12, con il titolo "Un ponte aereo per Madaya", il commento di Davide Frattini.
Davide Frattini
Madaya, in Siria presso il confine con il Libano
Quando Laura Boldrini ha visitato Sarajevo sei mesi fa, ha voluto celebrare «quello che divenne il ponte aereo più lungo della Storia». La città bosniaca era sotto assedio, ci è rimasta dall’aprile 1992 al febbraio del 1996, la popolazione era alla fame, la carestia indotta dagli uomini, non dai disastri della natura: i serbi non volevano che gli aiuti raggiungessero i civili. I carichi umanitari decollavano da Falconara in Italia o da Spalato in Croazia. L’Aeronautica militare — come ricorda Roberto Faccani della Croce Rossa, che allora coordinava la distribuzione — trasportò a Sarajevo 34.600 tonnellate di cibo, medicine e beni di prima necessità. «Il 3 settembre del 1992 l’aereo Lyra 34 venne colpito da due missili terra-aria durante la fase dell’atterraggio. Era partito con 4.500 chilogrammi di coperte destinate alla povera gente. Morirono tutti gli uomini dell’equipaggio: Marco Betti, Marco Rigliaco, Giuseppe Buttaglieri e Giuliano Velardi». Davanti alla lapide deposta sul Monte Zec la presidente della Camera ha reso omaggio «agli italiani che persero la loro vita per salvarne altre».
Altre città di un’altra guerra, altre vite da salvare. Le truppe del regime siriano e le milizie libanesi di Hezbollah accerchiano da mesi Madaya e Zabadani: niente può entrare o uscire, tantomeno il pane o gli esseri umani, ancora una volta la denutrizione usata come arma per soggiogare chi non si vuole arrendere. Anche i ribelli riducono all’indigenza i villaggi abitati in maggioranza da sostenitori di Bashar Assad (come Fua e Kefraya nella provincia di Idlib) e le Nazioni Unite calcolano che almeno 200 mila persone siano accerchiate dallo Stato Islamico, tante quante quelle isolate dall’esercito lealista in tutto il Paese. La reazione internazionale alle immagini e ai video pubblicati su Facebook — i corpi rinsecchiti degli anziani e dei bambini, ridotti a mangiare le foglie degli alberi — ha aiutato le Nazioni Unite a raggiungere un’intesa con il governo di Damasco. Già ieri il convoglio avrebbe dovuto consegnare l’acqua, il cibo e le medicine (la prima volta da ottobre) ai 40 mila intrappolati di Madaya, l’operazione è rinviata a oggi. Perché — come spiega Ben Parker, che è stato alla guida della squadra di soccorso dell’Onu dentro la Siria — «Nelle aree sotto il controllo governativo, cosa, dove e a chi fornire assistenza deve essere negoziato e qualche volta è semplicemente imposto dal regime».
Così Paddy Ashdown, il politico e diplomatico britannico che fino al 2006 è stato Alto rappresentante per la Bosnia ed Erzegovina, ha scritto una lettera aperta al premier David Cameron: chiede che dia l’ordine all’aviazione di paracadutare gli aiuti a Madaya e Zabadani. Senza aspettare i lunghi e intricati negoziati con Assad. Ricorda che l’anno scorso la Royal Air Force ha organizzato una missione simile per soccorrere migliaia di yazidi assediati dai fondamentalisti dello Stato Islamico. «Ci sono iniziative immediate che dobbiamo prendere. Non possiamo stare a guardare quello che sta succedendo».
Il quotidiano Daily Telegraph ha rilanciato l’appello di Lord Ashdown e fa notare che dalla frontiera libanese a Madaya sono 40 secondi di volo per un C-130 da trasporto (80 andata e ritorno). Il ministero della Difesa britannico obbietta che l’operazione per gli yazidi sul monte Sinjar era stata richiesta dai curdi, mentre Assad non vuole interferenze: «Lo spazio aereo è completamente diverso, il regime si può difendere con i missili terra-aria». Lo spauracchio della contraerea siriana è stato usato anche per rintuzzare chi proponeva di creare una no-fly zone che proteggesse i civili dai bombardamenti.
Gli analisti ne mettono in dubbio l’efficacia: da anni i jet israeliani colpiscono dentro il territorio di Assad — raid mai confermati dal governo di Benjamin Netanyahu — eppure dalla guerra di Yom Kippur nessun aereo è mai stato abbattuto. Era il 1973. Da oltre un anno gli americani — e a seguire le altre nazioni della coalizione, tra cui la Gran Bretagna — sorvolano il Paese per centrare le basi dello Stato Islamico senza aver chiesto il permesso e senza coordinamento con il regime. Le forze speciali si spostano sugli elicotteri — un’altra possibilità per raggiungere Madaya — durante le incursioni nel nord dell’Iraq e in Siria. Due giorni fa due Tornado tedeschi sono decollati dalla Turchia, la loro prima missione di sorveglianza. I cieli sopra la Siria sono già affollati, un ponte aereo come quello per Sarajevo sembra possibile. Conclude David Blair sul Telegraph : «Se la nostra aviazione non è in grado di penetrare pochi chilometri di spazio ostile per aiutare degli affamati, tanto vale non averne una».
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