Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 09/01/2016, a pag. 2-3, con il titolo "Il turismo nel mirino: così il radicalismno islamico vuole destabilizzare l'Egitto", l'analisi di Carlo Bonini, Giuliano Foschini.
Carlo Bonini, Giuliano Foschini
Terroristi dello Stato islamico nel Sinai
In una notte confusa, quale che sia la matrice, l’effetto è lo stesso. L’Egitto viene nuovamente colpito. «Se c’è un dato acquisito dalle intelligence occidentali — spiega una fonte qualificata dei servizi italiani — è che quel pezzo di Nord Africa è in questo momento decisivo nelle strategie del radicalismo islamico». Che si tratti dell’Is o di formazioni che all’Is si richiamano oppure a banditi che utilizzano in franchising le parole d’ordine del jihadismo. L’Egitto è considerato il gendarme dell’Occidente, confina con la Libia e ha equilibri politici e religiosi interni fragilissimi su cui il radicalismo soffia. Un Egitto instabile e percorso da tensioni è in ogni caso un obiettivo in cima all’agenda del terrore. Era già successo con l’abbattimento dell’aereo russo. E torna ad accadere. «Può e potrà accadere di nuovo», chiosa ancora la fonte dei servizi. Che, a proposito della centralità dell’Egitto della strategia dell’Is e della scommessa sulla sua instabilità politica, ricorda quanto accaduto a giugno.
Quando al Cairo venne ucciso il procuratore generale egiziano, Hisham Barakat, colpito da una bomba mentre viaggiava a bordo della sua auto. L’attentato fu rivendicato dalla cellula terroristica al Moqawma al Shabia, vicina ai Fratelli Mussulmani. Barakat non era un magistrato qualunque: era colui che aveva condotto i processi contro i terroristi, dopo la deposizione del 2013 di Mohamed Morsi. Ed era soprattutto l’uomo che aveva dato accesso alle informazioni acquisite dalle indagini condotte al Cairo alle antiterrorismo occidentali. Qualche settimana prima della sua morte era stato proprio ricevuto in Italia dalla Direzione nazionale antimafia per studiare una strategia comune, e mettere in rete le informazioni, sulla questione degli sbarchi dei clandestini. Avevano deciso di dichiarare guerra agli scafisti.
L’Egitto dunque. Ma non solo. Ai vertici di un ipotetico triangolo del terrore, ci sono anche Tunisia e Turchia, gli altri due grandi nemici di Al Baghdadi nel quadrante mediorentale. Tutti e tre i Paesi dipendono in buona misura da un’unica grande risorsa: il turismo occidentale. Prosciugarla che vale quanto bruciare i pozzi di petrolio in Libia o impadronirsi di quelli in Iraq. Con un ulteriore valore aggiunto: allontanare ogni possibile “contaminazione” culturale con l’Occidente, chiudere ogni apertura politica ed economica con l’altra sponda del Mediterraneo. Ecco perché, tra rapina e sospetti di terrorismo, l’effetto rimanda comun- que a una strategia precisa, non particolarmente raffinata: i resort, i luoghi d’arte, le bellezze naturali si stendono su aree così vaste da essere difficilmente sorvegliabili. Così gli obiettivi potenziali sono difficilmente immuni alla minaccia. E gli ultimi dati dell’Organizzazione mondale del turismo documentano presenze in caduta libera in Egitto e in Tunisia.
In Egitto, l’attentato di luglio del 2005 a Sharm, nel quale morirono 90 persone tra cui sei italiani (Sebastiano e Giovanni Conti, Daniela Maiorana, Rita Privitera, Daniela e Paola Bastianutti) aveva fatto registrare un calo di presenze che però era stato massicciamente compensato dal turismo russo che aveva invaso i resort realizzati sulle spiagge con la barriera corallina. Fino ad agosto i numeri avevano sostanzialmente tenuto, registrando un calo (per il primo anno dopo stagioni continue con il segno più) limitato a circa il 10%. Fin quando l’Is non ha deciso di colpire il cuore di quel mercato, facendo esplodere una bomba sull’l’Airbus A321 della russa Metrojet, a bordo del quale viaggiavano 224 persone. Un attentato che colpisce non a caso la Russia, intervenuta militarmente in Siria. L’attacco al turismo ha colpito anche la Tunisia, altro esempio di Islam tollerante e dunque da abbattere, nel progetto folle dei fondamentalisti. Lo scorso anno il calo delle presenze nel paese nordafricano è stato di oltre il 30%. E la motivazione sta principalmente nei due attentati: quello del 18 marzo al Museo del Bardo e quello di giugno ai resort di Sousse. A nulla sono servite le nuove leggi del governo di Tunisi che, da una parte, ha inasprito le pene contro i terroristi. Ma di contro è quello che offre il maggior numero di foreign fighters alla Siria con centinaia di ragazzi che attraversano il confine libico per andare a combattere la guerra santa.
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