Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 08/01/2016, a pag. 3, l'editoriale "Chi media tra Teheran e Riad?".
Arabia Saudita contro Iran: una battaglia che si combatte anche in Yemen e Siria
La Repubblica islamica d’Iran ha accusato l’Arabia saudita di aver colpito con uno strike aereo l’ambasciata di Teheran in Yemen, terra di battaglia delle due potenze da molto tempo. Fonti iraniane hanno detto che è stato colpito il palazzo della sede diplomatica, poi hanno specificato che una bomba sarebbe caduta a circa 700 metri dall’ambasciata, e fonti locali sostengono che non ci sono danni evidenti al palazzo principale della sede iraniana. Però da Teheran dicono che l’attacco è stato deliberato: da martedì i bombardamenti sauditi si sono intensificati, nel mirino dei raid ci sono i ribelli Houti, sostenuti dal regime siriano.
La tensione tra Iran e Arabia Saudita non cala, anzi: Teheran ha sospeso gli scambi commerciali con Riad – i voli aerei erano già stati bloccati – e si discute anche di un’eventuale sospensione, secondo quanto riportano le agenzie iraniane, dei pellegrinaggi alla Mecca. Amir Taheri, veterano tra gli esperti di Iran, ha citato le parole dell’ayatollah Panhian, consigliere della Guida suprema Ali Khamenei: se l’hajj alla Mecca dovesse essere sospeso, i musulmani possono andare a Kerbala, dove c’è il mausoleo dell’imam Hussein, che è “9000 volte più meritevole” del pellegrinaggio alla Mecca e a Medina. Gli esperti di islam si interrogano: l’hajj è un pilastro della religione musulmana, come si fa a sospenderlo? Altri rispondono che la Guida suprema ha il potere di cambiare, con una fatwa, l’obbligatorietà del pellegrinaggio.
Quale che sia la dottrina, il segnale è forte: lo scontro è destinato a crescere. I ministri del governo di Teheran sminuiscono il boicottaggio diplomatico imposto da Riad ai suoi alleati – la chiusura delle relazioni – dicendo che si tratta di misure inutili, tanto gli stati che le hanno adottate sono “mini”, non contano nulla. Ma intanto l’Iran galvanizza i suoi sostenitori, con incontri con Hezbollah e con l’invito a Teheran del primo ministro iracheno, Haider al Abadi. Il governo di Baghdad si è candidato come mediatore della crisi: non vuole uno scontro sul suo territorio, già martoriato, e spera in una tregua. Ma è difficile che i sauditi possano accettare il premier al Abadi come interlocutore, essendo lui, sciita, legato alla leadership iraniana. Nel toto-mediatore è entrata, oltre alla Russia prima candidata, anche la Cina. Altro sintomo dell’incapacità americana di gestire il suo ruolo di mediatore globale.
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