Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/01/2016, a pag. 4, con il titolo "Corsa femminile per la successione all'Onu", la cronaca di Luigi Offeddu.
Che esista un'ipotesi-Mogherini per la successione a Ban Ki-moon come Segretario generale delle Nazioni Unite, conferma soltanto quanto l'Onu sia un carrozzone inutile, ostaggio spesso e volentieri di gruppi di Paesi antidemocradici e dispotici, a partire da quelli arabo-musulmani. L'incompetenza totale di Mogherini sia come Ministro degli Esteri in Italia, sia soprattutto come rappresentante per la politica estera dell'Ue, dovrebbe aprire gli occhi.
Ecco l'articolo:
Federica Mogherini
Notizia in arrivo dal Baltico, ma che riguarda 193 Paesi del mondo, tutti quelli membri dell’Onu: Dalia Grybauskaité, la prima donna mai eletta alla presidenza della Lituania, ha annunciato ieri che non si candiderà alla carica di segretario generale dell’Organizzazione, come erede di Ban Ki-moon. Spiegazione ufficiosa: rinuncia, perché se si facesse avanti, Vladimir Putin metterebbe il veto sul suo nome. Ma al di là del Baltico, c’è appunto il risvolto di portata mondiale. Perché la signora Dalia era forse la più accreditata fra le 30-40 donne in corsa verso quella poltrona, dal 1946 occupata solo da uomini. La sua rinuncia a scendere in campo apre ora la strada ad altre figure già di prima fila, a cominciare da Federica Mogherini, Alto commissario dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, o Christine Lagarde, direttore del Fondo monetario internazionale, cui guarda la finanza mondiale.
Mogherini, fino alla scorsa estate relativamente defilata, avrebbe rafforzato le sue carte negli ultimi mesi, anche perché — così dicono i suoi sostenitori a Bruxelles — la sua figura sarebbe in fondo l’unica a poter rappresentare con pieno diritto l’Europa unita nel palazzo di New York. Anche se un ostacolo «laterale» potrebbe intralciare il suo percorso: un altro italiano, Filippo Grandi, è stato appena nominato Alto commissario dell’Unhcr, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati. E nel gioco eterno delle caselle, il manuale Cencelli può forse avere qualche peso anche a New York: due nomi italiani ai vertici della stessa Organizzazione potrebbero essere considerati troppi da altri Paesi ingombranti. Per esempio dalla Germania, che pure ha fra le teoriche papabili la sua Angela Merkel (presenza però «fuori concorso», quasi simbolica). Scaduto il mandato di Ban il prossimo 31 dicembre, il suo erede o la sua erede verranno scelti come sempre con una procedura segreta, dai 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu: Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia.
Non proprio il massimo della trasparenza, e soprattutto il contrario di quando chiede la «Campagna per eleggere una donna segretaria generale dell’Onu», lanciata dalla Colombia e dai 19 altri governi che hanno già una signora come ambasciatrice alle Nazioni Unite. «L’Onu ha ormai 70 anni, il tempo di una vita intera. Facciamo sì che in futuro i suoi vertici includano donne di merito e nervi saldi…». Nella lista provvisoria che circola per le capitali, l’altra metà del cielo ha molte altre rappresentanti di rilievo: da Tarja Halonen, prima donna presidente della Finlandia, a Enra Solberg attuale premier della Norvegia, a Helle Thorning-Schmidt, prima donna a essere divenuta capo di un governo danese; a Graca Machel, unica donna nella storia ad essere stata capo di Stato in due diverse repubbliche, il Mozambico e il Sud Africa. L’Est-Europa, che già appoggiava Dalia Grybauskaité, ora potrebbe far convergere il suo sostegno morale su Kolinda Grarbar-Kitarovic, neo-presidente della Croazia. Ma c’è anche Michelle Bachelet, presidente del Cile. E Maria Angela Holguin Cuéllar, ministro degli Esteri colombiano. Da Londra, rimbalza il nome di lady Catherine Ashton, che ha preceduto Mogherini alla guida degli Esteri Ue: ma la sua, giudizio comune, è stata una prova sbiadita, e in pochi desiderano una replica a New York.
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