Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 07/01/2016, a pag. 3, l'editoriale "Il boicottaggio di Israele colpisce ancora".
BDS: bigottismo, due pesi due misure, antisemitismo
Si tratta della più grande vittoria del Bds, il movimento globale di Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele. Orange, la prima compagnia di telecomunicazioni francese, per un quarto pubblica, che ha mire su Telecom Italia e ora è in trattativa per una fusione con l’arcirivale Bouygues, ha deciso di abbandonare Israele e per farlo è disposta a sborsare 50 milioni di euro; costo della rescissione dell’accordo con Partner, l’operatore che gestisce il marchio in Israele. Ovviamente il ceo di Orange, Stéphane Richard, dice che la decisione non c’entra col boicottaggio di Israele, ma la sua ipocrisia serve solo a evitare di dire apertamente una verità imbarazzante che tutti sanno. La questione è esplosa otto mesi fa, quando ong e sindacati anti israeliani si sono scagliati contro Orange, accusata di collaborazionismo con la sionista Partner nei territori occupati. La campagna, che puntava a far terminare le attività di Orange in Israele, ha usato il boicottaggio delle controllate del gruppo francese in Egitto e nei paesi arabi (Marocco, Giordania, Tunisia, Iraq).
Stéphane Richard ha ceduto al movimento razzista e antisemita BDS
La risposta del manager francese alla pressione del fronte anti israeliano fu da hombre horizontal: “Sono pronto ad andarmene da Israele domani mattina – disse a giugno parlando in Egitto – ma voglio assicurarmi del rischio legale per l’azienda”. Se ne sarebbe già andato, spiegava, se non fosse stato per le penali. Dopo la reazione del governo israeliano e le proteste del mondo ebraico, Richard si scusò pubblicamente, dicendo che si “opponeva radicalmente” a qualsiasi boicottaggio commerciale contro Israele e che “non ha mai minimamente pensato che Orange potesse lasciare il paese”. Poi si è smentito di nuovo e ha pagato 50 milioni di euro pur di andarsene da Israele prima della scadenza del contratto. Il caso Orange non è una mera questione commerciale, la campagna di boicottaggio è culturale e sta ottenendo significativi successi su questo terreno; vedi la decisione di Amos Oz, il più grande scrittore israeliano vivente, che ha annunciato il boicottaggio silenzioso delle istituzioni israeliane. Il problema non è tanto l’assenza dei ripetitori Orange in Israele, ma il significato d’Israele per il mondo occidentale e la Francia.
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