Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 06/01/2016, a pag. 3, l'editoriale "Tra i due litiganti il terzo muore".
Quello su cui sunniti e sciiti concordano: "Morte all'America e a Israele"
Il regno saudita compatta il fronte degli alleati, anche il Kuwait taglia le relazioni diplomatiche con l’Iran, e la crisi innescata dall’esecuzione dell’imam sciita Nimr al Nimr (più famoso da morto che da vivo, scrive carico di cinismo il Washington Post) non accenna a diminuire, nonostante le solerti e inefficaci pressioni americane. Lo scontro tra sunniti e sciiti, guerra religiosa secolare, è l’esito oggi anche di una politica ondivaga degli Stati Uniti, ma pure se molti commentatori dicono che il conflitto infraislamico toglie pressioni su altri fronti, è bene non abbassare la guardia. Mentre la crisi diplomatica tra Riad e Teheran si ingigantiva, e gli alleati sunniti entravano nella guerra diplomatica, un piccolo commando di Hezbollah colpiva una pattuglia israeliana al confine con il Libano: le forze di Tsahal hanno risposto immediatamente, come fanno ormai da tempo, visto che quel confine e le alture del Golan sono diventati un fronte sempre più pericoloso per Israele.
La minaccia da sud e dall’interno non si è mai sopita: l’Intifada dei coltelli in questi due mesi e mezzo ha causato trenta morti e trecento feriti fra gli israeliani. Finora si era detto del sostegno di Hamas e dell’incitamento da parte di alcuni esponenti dell’Autorità nazionale palestinese, guidata dal “moderato” Abu Mazen. Ieri il Foglio, ricostruendo il modo in cui alcuni ufficiali della sua Guardia presidenziale gestiscono le piattaforme internet dell’odio, ha portato una prova della responsabilità diretta di Abu Mazen negli attacchi terroristici. In definitiva, se gli sciiti considerano i sunniti infedeli, e viceversa, c’è sempre una tipologia di infedele che compatta tutti gli estremismi nella stessa direzione di odio e violenza: è Israele, non abbassiamo la guardia.
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