Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 05/01/2016, l'editoriale "Sorpresa, è una guerra di religione!".
La guerra tra sciiti e sunniti è una guerra di religione per la supremazia interna all'islam, ma a fianco di questo conflitto ce n'è un altro: quello tra l'islam e tutti i modelli da esso differenti, a partire da quello occidentale.
Ecco l'articolo:
Sunniti (verde chiaro) e sciiti (verde scuro)
La guerra interna all’islam è scoppiata di nuovo, violentissima, sciiti e sunniti un contro l’altro armati, come lo sono da quattordici secoli, oggi in modo ancora più brutale, perché il fronte della battaglia è larghissimo – Siria, Iraq, Libano, Yemen – e gli smottamenti diplomatici internazionali hanno imposto una resa dei conti più urgente. I giornali e le televisioni si stanno riempiendo di infografiche sulle differenze tra sciiti e sunniti, come se il conflitto fosse recente, come se si stesse parlando di due tribù con ambizioni diverse, come se il problema fosse territoriale o ideologico e non semplicemente e tragicamente religioso. Noi veniamo ammazzati perché infedeli invasori, ma la stessa sorte tocca agli sciiti in terra sunnita e viceversa, perché quella che è in corso è sì una lotta contro di noi e il nostro modello, ma è soprattutto un jihad interno al mondo islamico, una guerra santa di supremazia tra una interpretazione dell’islam e l’altra.
Sorpresa! E’ una guerra di religione! Chissà se almeno questa volta i pronti commentatori dei fatti del mondo riusciranno a evitare il piagnisteo “è colpa nostra”, con le infinite varianti che abbiamo conosciuto in questi anni: la colpa è del guerrafondaio Bush e dei suoi consiglieri da forza del male, la colpa è del guerrafondaio Blair, cagnolino di Bush, la colpa è dell’industria del petrolio, la colpa è dell’industria delle armi, la colpa è di chi aizza il confronto parlando di scontro di civiltà – la colpa è dell’occidente. La guerra religiosa infraislamica è secolare e oggi a rappresentarla sono la Repubblica islamica d’Iran e l’Arabia Saudita, due regimi totalitari e teocratici, che hanno rifiutato – usando la forza contro i loro stessi popoli – aperture, cambiamenti e riforme.
L’ondivaga diplomazia americana di questi ultimi anni obamiani ci pone e ci porrà di fronte a una scelta, con chi stiamo, perché ci stiamo, che mondo vogliamo, che valori difendiamo, ma al di là di quali sono e saranno le prese di posizione, oggi è bene ricordare che non è con il bilancino dei diritti umani o delle esecuzioni che si trova l’alleato migliore (l’Iran è considerato a tutt’oggi il più grande stato sponsor del terrorismo, ha ammazzato impiccandole 753 persone nei primi sei mesi del 2015, ci sono proiezioni agghiaccianti sul numero finale). Le tifoserie stanno prendendo posto – e in questo momento a perdere è soprattutto l’Arabia Saudita, all’improvviso rappresentata come l’artefice di tutti i mali, soprattutto da chi vuole sdoganare l’alleanza con l’Iran e anche quella con la Russia di Putin – ma al netto dei piagnistei, delle accuse, e del pragmatismo, è chiaro che i regimi totalitari generano instabilità, se sono teocratici generano guerre religiose, e solo la democrazia è, sarà, la risposta.
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