Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/01/2016, a pag. 25, con il titolo "Israele, questo matrimonio (non) s'ha da leggere", il commento di Lea Luzzati.

In Israele si pubblica di tutto senza nessun tipo di censura. Anche per questo si tratta dell'unico Paese libero e democratico dell'intero Medio Oriente. Nessun stupore, quindi, semmai una qualche inchiesta sulla mancanza di libertà di espressione nei paesi arabo-musulmani, dove per una barzelletta si può essere crocifissi, presi a frustate, impiccati, ci piacerebbe leggerla.

Ecco l'articolo:

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Dora Rabinyan con il suo "Borderlife"

Dorit Ranbinyan è una scrittrice israeliana quarantenne. Più di dieci anni fa si conquistò la ribalta letteraria con un romanzo intitolato Spose persiane: un affresco ricco di folklore e sensualità, di colori e profumi orientali, tutto al femminile. Il suo ultimo libro, uscito ormai da più di un anno in Israele, l’ha riportata in questi giorni in vetta alle classifiche dei bestseller nazionali. Ma se Borderlife (il cui titolo originale suona «Siepe viva») gode oggi di tanta popolarità non è soltanto per la sua qualità letteraria. Lo deve, e in misura non secondaria, a un incidente di percorso che ha scosso l’opinione pubblica - per lo meno una sua consistente parte - e coinvolto i media in ampia misura.
Il comitato del ministero per l’Istruzione preposto alla scelta di letture per gli studenti delle scuole israeliane - e nello specifico quelli degli ultimi anni - ha deciso di escludere il romanzo in questione dall’elenco curriculare dei libri da leggere. La motivazione sta nella trama stessa, che racconta la storia di amore e passione tra una giovane studiosa israeliana e un pittore palestinese. Il tutto ambientato nell’arco di tre stagioni, per lo più in una gelida New York, dove entrambi vivono. Una storia piena ovviamente di difficoltà ma anche di intesa, di struggimento e luoghi comuni. Come si conviene a un buon romanzo, in fondo.

La questione avanzata dalla commissione è che sia diseducativo mettere in buona luce una unione del genere, oltre al fatto di presentare in modo assai critico l’esercito israeliano, i cui soldati paiono tutti indistintamente criminali di guerra o quasi. Ma al di là della decisione del ministero, è assai significativa la reazione di un’opinione pubblica che va dall’uomo della strada ai grandi intellettuali del Paese: tutti si sono mobilitati in difesa del libro. E l’hanno comprato in massa, determinando un successo che nessuno avrebbe mai sperato per questo libro. Autrice compresa, c’è da scommettere.

Il ministero ribadisce che non ha bandito né proibito nessun libro, semplicemente non l’ha inserito nell’elenco di letture obbligatorie. E le cose sono sempre più complesse e ambivalenti di quanto non appaiano. Se anche sui social network, e non soltanto in Israele, si è assistito a una unanime levata di scudi per il romanzo con conseguente immediato lancio di slogan quali «i libri non si bruciano», resta il fatto di un ministero per l’Istruzione che prescrive agli studenti una serie di letture contemporanee, aggiornate ogni anno. Tanto di cappello, tutto sommato. Nonostante lo scivolone di questi giorni, che ha visto per protagonisti - e in fondo anche beneficiari (in termini di vendita) - Dorit Rabinyan e i due giovani protagonisti di Borderlife, innamorati l’uno dell’altra malgrado il freddo di New York e gli ostacoli imposti dalle rispettive comunità.

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