Riprendiamo da LIBERO di oggi, 03/01/2016, a pag.13, con il titolo " L'ultimatum di Netanyahu agli arabi: deidete se siete palestinesi o israeliani " l'articolo di Michael Sfaradi.
Il terrorista, poco prima di sparare
Vivere in uno Stato democratico comporta il dover affrontare dei rischi. Altra cosa è vivere sotto dittatura o in uno Stato di polizia, dove i cittadini sono tutti sospettati e quindi sotto crontrollo. In Israele questo non è possibile, l'attentatore di Tel Aviv poteva avere un permesso di lavoro, aveva persino già subito un arresto per avere aggredito un soldato per derubarlo dell'arma. Ma ebbe una sentenza mite, anche allora entrò in gioco la "fragilità mentale", che lo rimise presto in libertà. Sotto l'Anp o a Gaza sarebbe scomparso in qualche prigione. Nessun servizio di sicurezza, per quanto efficiente, può entrare nella mente di qualcuno che sta per commettere una strage. Prima di mettere sotto accusa lo Shin Bet aspettiamo di saperne di più.
Ecco l'articolo:
Michael Sfaradi
Israele si è svegliato ieri dopo un incubo collettivo. Il muro di Sharon ha sì fermato il terrorismo che arrivava dalla Cisgiordania, ma dopo un periodo di calma relativa lo stesso terrorismo è tomato alla ribalta cambiando gli attori ma mantenendo le stesse scenografie di morte e sangue. Se fino alla seconda intifada (2000 - 2005), che contò migliaia di vittime sia tra i palestinesi che tra gli israeliani, il terrorismo aveva le basi fuori dalla «linea verde», confine immaginario di Israele riconosciuto dalla comunità internazionale, la rivolta in corso, quella dei coltelli, delle forbici o armi da taglio in genere e degli investimenti premeditad alle fermate degli autobus, nella quasi totalità dei casi è stata opera di persone di etnia araba con residenza e cittadinanza israeliana. L'attentato di venerdì, portato a termine a colpi di arma da fuoco automatica, ha segnato un nuovo «modus operandi» e questa novità mette il governo israeliano nella difficile posizione di dover mantenere vivo quel minimo di coesistenza tra la comunità araba israeliana e la maggioranza ebraica.
Il premier Benjamin Natanyahu ha parlato chiaro; rivolto agli arabi del suo Paese ha detto: «Non potete godere dei diritti della cittadinanza israeliana e continuare a dirvi palestinesi». D'altra parte il governo deve spiegare l'impreparazione dei servizi di sicurezza e di intelligence che non sono riusciti a prevenire l'attacco terroristico che è costato due giovani vite. La festività del Sabato ha dato al premier qualche ora per prepararsi sia agli attacchi della stampa, sia dell'opposizione, dovendo nel frattempo riavviare la macchina della sicurezza che, questo è fuori di dubbio, venerdì pomeriggio si è tragicamente inceppata. Una falla che le forze dell'ordine hanno provato a riparare appellandosi alla popolazione perché segnali il fuggitivo. Anche se Ido Zelkovitz, una delle menti più brilland dell'antiterrorismo e consulente dei servizi segreti israeliani ha dichiarato alla stampa che in Israele non ci sono cellule dell'ISIS e che l'ultimo attentato è opera di un «cane sciolto», alcune fonti raccontano invece a Libero il contrario. La famiglia dell'attentatore, originaria di Wadi Hara al nord di Israele, collabora con gli inquirenti nella speranza che il figlio venga catturato vivo prima che porti a termine altri attentati, e se ancora non è stato arrestato lo si deve, sempre secondo le fonti interne ai Servizi, alla complicità della popolazione arabo palestinese della Cisgiordania dove ha probabilmente trovato rifugio. Anche le dichiarazioni dell'avvocato della famiglia che danno il soggetto come squilibrato mentale sono ritenute poco credibili, la troppa freddezza e lucidità nell'esecuzione fanno invece pensare a un addestramento militare di alto livello. Non è un caso che il direttore dello Shin Bet (Servizi di sicurezza interni), il comandante di Aman, i servizi di intelligence dell'esercito e Yosef Cohen, neo capo del Mossad, si incontreranno con il Primo ministro, il ministro della Difesa e quello degli Interni al più tardi stamattina prima del Consiglio dei ministri che inaugura la settimana. Un incontro che sarà tempestoso anche perché se verrà confermato che quello di venerdì è stato il primo attentato terroristico del Califfo sul suolo israeliano e che l'attentatore riesce a sfuggire alla cattura perché aiutato da palestinesi della Cisgiordania lo scenario assumerebbe contorni decisamente inquietanti.
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