Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/01/2016, a pag.11, l'intervista di Antonello Guerrera ad Ayaan Hirsi Ali, dal titolo "L'islam radicale è come la mafia, non bastano le bombe la battaglia è culturale"
E' scontro di civiltà, finalmente Repubblica lo riconosce, sdoganando le idee di Ayaan Hirsi Ali, da sempre sostenitrice della vera natura del terrorismo islamico. Adesso non è più 'islamofoba', ma una credibile testimone. Era ora.
Le domande sono ancora però vecchio stile, il 'vizio' non lo si perde facilmente, Guerrera apra gli occhi ( tra parentesi, Theo van Gogh non venne 'giustiziato', ma assassinato).
Antonello Guerrera
L'islam radicale in Occidente mi ricorda la mafia in Italia. Oltre agli attentati, c'è un'inscalfibile omertà di fondo, anche nelle comunità non estremiste ma contigue al jihadismo. Il terrorismo islamico deve essere combattuto come la mafia. Non bastano le bombe. Serve una battaglia culturale, ma autentica. Bisogna imporre i valori di libertà e diritti umani, che sono superiori a qualsiasi altro. Perché oggi viviamo uno scontro di civiltà. Prima però pensavo che l'Islam fosse irriformabile. Oggi non la penso più cosi. Una speranza ce l'ho». Ayaan Hirsi Ali non rinuncia mai alla sua nettezza retorica e intellettuale, che le ha creato tanti sostenitori, critici e nemici. La 46enne attivista e scrittrice somalo-olandese, che ha rinnegato la fede musulmana in gioventù perché secondo lei inconciliabiIe con la società contemporanea,con i diritti fondamentali che dovremmo difendere senza timori, anche nel mondo arabo. Oggi vive in America ancora sotto protezione, 24 ore su 24. Questo dopo le minacce ricevute dagli estremisti per la sceneggiatura di Submission, il film che denunciò la "sottomissione" delle donne nell'Islam e che nel 2004 innescò l'assassinio del regista olandese Theo Van Gogh, giustiziato da un jihadista nel centro di Amsterdam. Oggi, non lontano da li, c'è un nuovo spauracchio: Molenbeek, il sobborgo di Bruxelles da dove sono partiti i terroristi che hanno macellato Parigi e il cuore dell'Europa. Negli ultimi giorni, sempre nella 'capitale" dell'Ue e a Monaco, sono stati sventati attentati previsti per Capodanno. Massacri e allarmi che per Hirsi Ali «non sono stati di certo una sorpresa«.
Perché?
«Perché il numero di estremisti islamici nel mondo sta crescendo, sempre di più. Il loro obiettivo è l'Europa. da sempre. E nelle nostre periferie trovano porose comunità dove si possono infiltrare. E nascondere».
Allude a una silenziosa complicità dei musulmani europei?
«No. Buona parte delle comunità islamiche non simpatizza affatto con gli estremisti. Ma in esse ci sono componenti sociali e culturali che possono facilitare la penetrazione dei jihadisti e della loro perversa ideologia».
Per esempio?
«Prenda Salah Abdeslam, il terrorista del Bataclan tuttora latitante. D000 la strage, lo ha raggiunto in Francia un amico dal Belgio, che si è giustificato dicendo che non sapeva niente. Lo stesso un fratello di Salah. Entrambi sono stati rilasciati. Mi sembra impossibile che queste persone non avessero mai avuto in vita il minimo sospetto su Salah per denunciarlo alla polizia».
Magari davvero non c'entravano nulla...
«lo non la penso cosi. Purtroppo, in una parte della comunità islamica in Europa, c'è ancora tanta omertà, che come colla limita denunce e segnalazioni alle autorità. È un comportamento di tipo tribale, simile a quello della mafia in Italia, che si lega ai concetti di tradizione, famiglia, identità religiosa. Ibn Khaldum, il grande filosofo arabo del XIV secolo, chiamava asabiyya questa fedeltà cieca, di sangue, impermeabile alla società esterna. Anche per questo credo poco nelle "radicalizzazioni sul web". Ogni estremismo ha un contesto reale favorevole al jihadismo che certe moschee o famiglie aizzano». Però sempre più musulmani, nelle piazze e in Internet, esprimono la loro contrarietà ai fondamentalisti.
«E vero, dobbiamo ripartire da loro, "i riformatori". Ho cambiato idea nel tempo. L'Islam può adattarsi alla nostra società. Ma ci vuole pazienza».
E invece come si combattono l'omertà vischiosa e i fonda-mentalismi? Bastano le bombe in Siria ed Iraq?
«Assolutamente no. L'estremismo si combatte con le idee, pianificando una battaglia culturale, vera e potentissima. Quando i Paesi Bassi mi hanno accolto come rifugiata, mi hanno dato tutto: cibo, soldi, una casa. Ma non la cosa più importante».
Quale?
«L'educazione ai diritti fondamentali dell'uomo, ai valori della società olandese e occidentale: la libertà, la tolleranza, la democrazia, il rispetto delle diversità Purtroppo europei e americani li danno per scontati, non li trasmettono più, pensano che la superiorità militare e di intelligence sia sufficiente per resistere. Si sbagliano. L'Islam fondamentalista ha una propaganda ricca e poderosa. Pensiamo solo alla dawah dell'Arabia Saudita e cioè ai miliardi che investe nella "missione" di diffondere in tutto il mondo la sua ideologia wahabita (ramo ultra-radicale dell'Islam sunnita, ndr). E noi cosa facciamo? Quando i nostri leader vanno a Riad neanche si azzardano a pronunciare le parole "libertà" o "diritti". Invece dovremmo scandirle a voce ferma e alta, in nome dei valori universali dell'uomo, che sono superiori a qualsiasi altro. Non dobbiamo avere paura di invocarli, questi valori».
Intanto i movimenti di estrema destra, che inneggiano alla lotta all'Islam, spopolano in tutta Europa. Secondo lei è in atto uno scontro di civiltà?
«Certo. Dal 1989, dalla fatwa assassina dell'Iran di Khomeini contro lo scrittore Salman Rush-die. Ma noi non ce ne siamo accorti. Questo purtroppo ha un'influenza anche sul multiculturalismo, che per me muore se diventa un multietnicismo che al suo interno tollera la shararn, e cioè l'umiliazione delle donne musulmane, oltre alla discriminazione dei gay e l'abiura di libertà, anche di espressione, che certe culture e religioni negano. Se cediamo su questi diritti fondamentali, lo scontro di civiltà in Occidente sarà sempre più devastante».
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