Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 22/12/2015, a pag. 3, l'editoriale "C'è pure un accordo Onu sulla Siria".
Ban Ki-moon, Segretario generale delle Nazioni Unite
Non che si avessero dubbi sulla dolorosa futilità delle iniziative di pace delle Nazioni Unite, ma questa ultima che riguarda la Siria rischia di superare i pur ampi standard di inutilità fissati in passato. L’Amministrazione Obama ha ceduto alle richieste russe e quindi: anche l’Iran si siede al tavolo e tutti si terranno sul vago quando si parlerà del futuro del presidente siriano Bashar el Assad, che nel 2011 doveva categoricamente lasciare il suo posto e invece ora “sarebbe meglio che lasci”, secondo la nuova formula più morbida prodotta dagli americani. In cambio da gennaio cominciano negoziati formali tra il governo di Damasco e rappresentanti dell’opposizione siriana. Ieri l’inviato speciale dell’Onu, Staffan de Mistura, ha detto che i combattimenti stanno aumentando di intensità perché “ciascuno schieramento tenta di arrivare alla tregua nella miglior posizione militare possibile”.
Il problema è che non ci sarà alcuna tregua. Una grande parte dei gruppi armati impegnati sul terreno non riconosce delegati al tavolo delle trattative. Russi e assadisti, per fare un esempio, sono convinti che tutti i gruppi in guerra contro il governo siriano sono “terroristi” per definizione, e quindi dovrebbero essere tenuti alla larga da un tavolo negoziale. Poi ci sono le altre questioni. Le Nazioni Unite indicano nelle tregue raggiunte sul terreno, come quella a Homs, un modello generale per il paese. Ma a Homs il governo ha caricato i sunniti su tanti torpedoni verdi – con le loro armi – e li ha spediti verso le zone fuori dal suo controllo. Difficile, al momento, che questo “svuotamento” si possa applicare come modello funzionante alla Siria intera.
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