Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/12/2015, a pag.15, l'intervista di Paolo Valentino a Federica Mogherini.
Non era un errore di gioventù
Non che da Federica Mogherini uno si aspettasse uno straccio di ragionamento, ma in questa intervista ha raggiunto il massimo. Sul destino della Siria saranno i siriani ad esprimersi. Idem sulla Libia, sarnno i libici a decidere che fare. Straodinario ! Chi l'avrebbe mai pensato !
Nel frattempo la UE sborsa miliardi di euro senza la sicurezza di conoscerne la vera destinazione. Complimenti Mogherini !
DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK
Paolo Valentino
«La risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza riconosce che è questo il formato della trattativa sulla Siria. Ne traccia la road map e dà all’inviato dell’Onu Staffan De Mistura l’incarico di convocare la prima riunione tra opposizione e regime per gennaio. Le tappe previste sono l’avvio della transizione politica, il cessate il fuoco in parallelo, una modifica della governance che potrebbe essere o un governo di unità nazionale o un’altra forma di condivisione del potere, la riforma costituzionale, le elezioni. Ma l’essenziale è che il processo parta a gennaio, insieme alla tregua, il che permetterà operazioni umanitarie su larga scala, come le vaccinazioni di cui c’è immediato bisogno e questo consente di mandare un messaggio ai siriani, una speranza per il futuro». Federica Mogherini è appena uscita dal vertice newyorkese sulla Siria. L’Alto rappresentante per la politica estera parla di «via europea alla soluzione delle crisi» e sottolinea «il successo dei formati multilaterali, dove si connette il lavoro delle Nazione Unite, dei partner regionali e della Ue». Come già dimostrato sul nucleare iraniano, «è un modello che potrebbe in futuro aiutarci a prevenire nuove crisi e a gestirne delle altre». Che ne sarà di Assad?
«Restano opinioni diverse. Ma siamo tutti d’accordo che ci sarà una transizione e che spetterà ai siriani, tutti i siriani, decidere».
L’altra grande questione aperta è la lista condivisa delle organizzazioni terroristiche. A che punto siamo?
«Se n’è parlato e il lavoro va avanti, guidato dai giordani. Si incrociano le informazioni tra le intelligence per identificare chi non è terrorista e chi è considerato tale, con l’accordo di tutti. Man mano che avremo il cessate il fuoco, i gruppi che lo rispettano potranno entrare nel processo politico».
Qual è il ruolo della Ue ?
«Sulla Siria l’Ue è fondamentale su due versanti: quello umanitario, abbiamo fin qui stanziato 4 miliardi di euro per l’emergenza siriana. E quello diplomatico: i nostri rapporti con l’Iran, i Paesi della regione e le parti siriane ci mettono nelle condizioni migliori per aiutare il processo».
La firma dell’accordo sulla Libia è una vera svolta?
«E’ molto positivo che sia successo dopo 16 mesi di difficili negoziati: diverse componenti libiche, non solo parte dei due parlamenti, ma anche municipalità e tribù, hanno risposto a un nuovo senso di urgenza che si afferma all’interno del Paese. Il diffondersi di Daesh crea infatti un problema crescente di sicurezza alle popolazioni, oltre a essere una minaccia per l’intera regione. Il consenso della comunità internazionale e degli attori regionali, espresso alla Conferenza di Roma, è stato un modo importante di sostenere questa nuova volontà libica».
Che farà l’Unione Europea?
«Abbiamo già pronto un pacchetto di 100 milioni di euro per progetti sul territorio. Sono misure umanitarie e sostegno ai servizi essenziali come ospedali, scuole, raccolta della spazzatura. Sono interventi che danno alla popolazione la percezione di un beneficio tangibile e ci consentono di sviluppare rapporti politici con attori, che a loro volta possono ampliare la base di sostegno all’accordo».
Qualcuno ha messo in guardia da una eccessiva fretta, da una fuga in avanti.
«Troppa fretta non direi, dopo quasi un anno e mezzo di trattativa. E’ scontato che ci saranno ostacoli nella formazione nel governo, nella creazione delle condizioni di sicurezza per farlo tornare a Tripoli o nel controllo delle risorse finanziarie e naturali. Ma c’era un rischio ancora maggiore se non avessero firmato: significava ripartire da zero, con gli stessi attori e la prospettiva di ritrovarci tra un altro anno allo stesso punto di oggi».
La risoluzione sulla Libia in preparazione all’Onu offrirà una base per l’eventuale azione occidentale contro Daesh?
«Saranno i libici innanzitutto a ricostruire le proprie forze di sicurezza e a valutare se, quando e in che termini avranno bisogno del sostegno della comunità internazionale anche su questo fronte. Ci potrebbe anche essere una richiesta di sostegno a forze di sicurezza libiche, in termini di addestramento ed equipaggiamento. Ma insisto, saranno i libici a decidere».
Qual è il punto di equilibrio tra le sanzioni per l’Ucraina e il dialogo con Mosca per risolvere le crisi?
«In questo ultimo anno abbiamo dialogato con Mosca su Iran, Siria, Libia, immigrazione, clima. L’operazione Sophia contro i trafficanti nel Mediterraneo è stata sostenuta da una risoluzione dell’Onu, con una sola astensione, quella del Venezuela. C’è un interesse europeo a lavorare con la Russia su questioni per noi prioritarie. Ma questo non sarà mai terreno di scambio rispetto alle sanzioni sull’Ucraina, dove l’unità che è stata faticosamente trovata oggi è solida. Non si tratta di mantenerle per sempre, ma di rispettare il legame con l’applicazione totale degli accordi di Minsk, da cui siamo lontani. Se poi il Consiglio europeo vorrà discutere il futuro degli accordi e dei rapporti con Mosca è utile e legittimo. Allo stato attuale Mosca e i separatisti del Donbass non hanno fatto tutto quanto si sono impegnati a fare, così come alcuni passaggi non sono stati ancora pienamente rispettati dalla parte ucraina».
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