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La Repubblica Rassegna Stampa
18.12.2015 Putin contro Erdogan
Commento di Nicola Lombardozzi

Testata: La Repubblica
Data: 18 dicembre 2015
Pagina: 21
Autore: Nicola Lombardozzi
Titolo: «Putin all'attacco: 'La Turchia provi a volare sulla Siria, trova i nostri missili'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 18/12/2015, a pag. 21, con il titolo "Putin all'attacco: 'La Turchia provi a volare sulla Siria, trova i nostri missili' ", il commento di Nicola Lombardozzi.

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Nicola Lombardozzi

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Vladimir Putin, Recep Tayyip Erdogan

Mosca. Le prime tre domande passano lisce. Poi arriva la questione Turchia e Vladimir Putin cede al suo antico stile personale: «Prima di abbattere il nostro aereo i turchi violavano continuamente i cieli siriani. Adesso abbiamo piazzato i missili. Che ci provino a farlo di nuovo». È una sfida, quasi una minaccia. Ma il rancore verso il governo di Ankara è ancora troppo forte, il presidente russo non si trattiene, abbandona l’aplomb ufficiale e va giù come ai vecchi tempi: «Perché lo hanno fatto? Non lo so. Forse qualcuno tra le autorità turche ha deciso di leccare gli americani in un certo posto. Ma non credo che gli Stati Uniti abbiano bisogno di questo». Allusioni grevi per la rituale conferenza stampa di fine anno, ma l’idea che l’abbattimento del bombardiere russo da parte dei caccia turchi possa essere stato un complotto della Nato, è da tempo un tarlo per il leader del Cremlino. Ne ha parlato a Mosca con il segretario di Stato Kerry, lo ha lasciato adombrare in tanti comunicati ufficiali, ma adesso ha voglia di rilanciare pubblicamente il sospetto: «Forse tra Usa e Turchia c’è stato un accordo a qualche livello. Noi buttiamo giù un aereo russo e voi chiudete un occhio. E noi turchi magari invadiamo l’Iraq e occupiamo una parte del Paese...».

Sfogo sincero e non del tutto controllato. Poi si ripiomba nell’atmosfera ovattata del Centro del Commercio Internazionale a un passo dalla Moscova: 1390 giornalisti accreditati, domande rigidamente selezionate, diretta nazionale su radio e tv. Rientrato nel personaggio calmo e propositivo che aveva mostrato in apertura, Putin si mostra ironico ma per una volta conciliante con Washington; solidale ed entusiasta con il candidato alla Casa Bianca Donald Trump; protettivo e orgoglioso per il successo delle figlie; ma soprattutto leader democratico pronto ad accettare con il sorriso e la battuta pronta temi spinosi come la corruzione, la crisi economica, la necessità di riforme politiche. Abito blu che da un po’ di tempo sostituisce quelli color grigio-funzionario, guance leggermente gonfie per il divertimento dei soliti gossipari che insinuano sul web malignità sul botox ed altre improbabili ritocchi estetici, il presidente ha di fatto infierito solo sulla Turchia: «Da tempo in quel Paese c’è un’islamizzazione strisciante sempre più vistosa. Credo che Ataturk si stia rivoltando nella tomba».

Nuove sanzioni contro Ankara sono già pronte e, questi toni, sembrano solo preannunciarli. Il resto è uno show che dura “appena” 188 minuti, molto meno del record di quasi cinque ore dell’anno scorso, per una stridente e non spiegata stretta finale, forse dovuta a impegni imprevisti. Sulla Siria, argomento principale, Putin ha confermato la disponibilità a collaborare con gli americani con la risoluzione Onu diretta a colpire le finanze dell’Is (approvata ieri notte) ma ha anche spiegato ancora una volta la sua posizione su Assad: «Ribadiamo che solo il popolo siriano può decidere chi dovrà essere a guidarlo». I bombardamenti russi continueranno «in appoggio dell’esercito regolare siriano e fino alla resa dell’Is o comunque al controllo del territorio».

La nuova linea, più cauta con gli Stati Uniti, si riflette anche sulla questione Ucraina: «Non pensiamo di attuare sanzioni contro Kiev ma bisognerebbe capire perché non faccia niente per attuare realmente gli accordi di Minsk». Messaggio preciso ai Paesi europei, Italia in testa, che oggi discuteranno del futuro delle sanzioni alla Russia, proprio sugli accordi stipulati a Minsk un anno fa e mai completamente attuati. E c’è spazio anche per le battute a effetto. Joseph Blatter, il discusso capo della Fifa che ha assegnato i mondiali di calcio 2018 alla Russia, travolto da inchieste e pesantissime accuse? «Meriterebbe il Nobel per la Pace».

Più delicata la domanda su Donald Trump che ha scioccato gli Usa con le sue dichiarazioni razziste e politicamente scorrette. Putin usa il metodo di appoggiarlo pur prendendo le distanze dalle sue sparate, come ha già fatto in passato con altri leder diventati imbarazzanti: «È una persona brillante e di talento. Non è mio compito valutare i metodi che usa per sfruttare la sua notorietà». Fino ad arrivare all’endorsement vero e proprio: «Trump ha detto che vorrebbe un rapporto diverso e più profondo con la Russia. E questo è un particolare che apprezzo molto». Poi battute e aggiramento delle domande più insidiose («Combattiamo la corruzione », «la crisi è già in fase di superamento»). Fino alle figlie e ai loro presunti affari milionari. Putin si fa serio: «Non entro nei particolari delle loro vite. Per privacy e per sicurezza. Posso solo dire che hanno studiato in Russia, che parlano perfettamente tre lingue straniere e che stanno raccogliendo i frutti del loro impegno». Applausi.

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