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Il Foglio Rassegna Stampa
17.12.2015 Abu Mazen esalta i 'martiri' che ammazzano israeliani
Ma ai media internazionali non interessa

Testata: Il Foglio
Data: 17 dicembre 2015
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Abu Mazen dalla parte dei coltelli»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 17/12/2015, a pag. 3, l'editoriale "Abu Mazen dalla parte dei coltelli".

Immagine correlata
Abu Mazen con Ismail Haniyeh, leader di Hamas, davanti ai ritratti dello stesso Abu Mazen e di Yasser Arafat

L’Intifada dei coltelli è una “protesta popolare giustificata” e gli attacchi dei palestinesi agli israeliani “sono causati dalla disperazione per il fallimento della soluzione a due stati”. Suona così la nuova apologia delle aggressioni ai civili israeliani fatta martedì dal presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen. E’ retorica incendiaria che legittima gli attacchi e che va a sommarsi ai risultati di un recente sondaggio condotto dal Palestinian Center for Policy and Survey Research (Psr), secondo il quale il 67 per cento dei palestinesi della Striscia di Gaza e della West Bank sostiene l’Intifada dei coltelli. Di più: per gli intervistati le aggressioni “servono gli interessi nazionali palestinesi più di quanto riescano a fare i negoziati”. Ma i dati raccolti nel sondaggio dimostrano qualcosa di più dell’odio costante per Israele.

Il campanello d’allarme per Abu Mazen è quel 65 per cento dei palestinesi che chiede le dimissioni del presidente. “Per l’opinione pubblica Abu Mazen non è serio nel suo confronto diplomatico con Israele”, ha detto il direttore del Psr Khalil Shikaki. Le ultime dichiarazioni sull’Intifada, così come la minaccia fatta lo scorso settembre di volere recedere dagli accordi di Oslo – a tal proposito, il 67 per cento dei palestinesi dice di non prenderlo sul serio – altro non sono che un tentativo goffo di recuperare quel consenso che i palestinesi gli negano. I sondaggi confermano che se oggi si andasse a votare Hamas prenderebbe tra il 51 e il 41 per cento, scalzando Fatah. E così il leader palestinese continua la rincorsa, finora vana, per guadagnare i consensi della “generazione Oslo”, i giovani tra i 18 e i 22 anni che oggi più di tutti si dichiarano sostenitori dell’Intifada.

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