Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 09/12/2015, a pag. 3, l'editoriale "C'è del metodo in Svezia".
Il primo ministro di Stoccolma, Stefan Löfven
Ieri, su queste colonne, Giulio Meotti ha raccontato come la Svezia sia diventata, negli ultimi tempi, “una socialdemocrazia che predica contro Israele”. Adesso il primo ministro di Stoccolma, Stefan Löfven, ha tentato di scrollare via dal paese questa immagine, compiendo però qualcosa in più di una gaffe. A chi gli chiedeva un parere sui quasi 100 accoltellamenti avvenuti contro cittadini israeliani nelle ultime settimane, ha risposto che “ciò non va classificato come terrorismo. C’è una classificazione internazionale di quando un attacco possa essere definito terroristico, e quando no. A quello che so, quanto accaduto non rientra nella definizione di terrorismo”. Non è dato sapere come Löfven preferisca definire dei tentati (e a volte riusciti) omicidi di civili inermi e di soldati non impegnati in atti bellici, colpevoli soltanto di essere israeliani.
Poche ore dopo è arrivato un tentativo di correggere il tiro: “Intendevo dire che non è chiaro se questi accoltellamenti siano stati organizzati da una qualche organizzazione terroristica già classificata come tale. E degli attacchi organizzati sono esattamente un atto di terrorismo”.
Löfven ha parlato anche di “incomprensioni” a proposito di un’altra deplorevole dichiarazione della sua ministra degli Esteri, Margot Wallström, la quale commentando gli eccidi dei terroristi islamici a Parigi aveva detto che “per contrastare la radicalizzazione dobbiamo tornare alla situazione in medio oriente, dove i palestinesi vedono che non c’è futuro per loro e devono accettare una situazione disperata o ricorrere alla violenza”. La leadership socialdemocratica svedese, tra un’incomprensione e un’allusione anti israeliana, mostra un volto ben poco umanitario.
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