Riprendiamo da LIBERO, di oggi, 05/12/2015, a pag.1/7, con il titolo " Musulmani vittime del loro vittimismo", l'articolo di Francesco Borgonovo.
Francesco Borgonovo
E noi, imbecilli, che pensavamo volessero conquistare il mondo, sottomettere l'Europa e l'Occidente tutto e sterminare gli infedeli. Non avevamo capito niente. Fortuna che è arrivato l'Huffington Post a illustrarci le vere mire dei jihadisti. «L'obiettivo del Califfato: l'ascesa della destra in Europa», decretava ieri (...) (...) il quotidiano online. Dunque al Baghdadi e i suoi hanno fatto tutto questo casino per far vincere le elezioni alla Le Pen. Come no. Immaginiamo che Matteo Salvini discuta la sua strategia per le Regionali direttamente con i mujaheddin siriani: «Ehi, Muhammad, ma a Fino Momasco chi candidiamo?». Roba da chiamare la neuro, e alla veloce. La castroneria scritta dall'Hufington è gemella dell'altra baggianata molto diffusa a sinistra, secondo cui le posizioni forti e identitarie fanno il gioco dei jihadisti, perché - additando la religione musulmana come ispiratrice del terrorismo - si mettono nel mirino tutti gli islamici. I quali, risultando discriminati, diventano più inclini all'isolamento e alla radicalizzazione. È giunto il momento di fare piazza pulita di queste idiozie. E di indicare una volta per tutte il maggiore responsabile della radicalizzazione e dell'estremismo: il vittimismo musulmano, alimentato non solo dai leader islamici, ma pure dalla sinistra europea e globale. Il delirante titolo dell'Hufington prendeva le mosse da un'analisi ben più seria contenuta nel nuovo libro di Maurizio Molinari (Jihad, edito da Rizzoli).
A un certo punto, Molinari illustra il contenuto di alcuni testi di propaganda del Califfato, in cui «la previsione di fondo è che "la politica dell'Occidente favorirà l'estrema destra", portando all'emergere di gruppi estremisti anti-musulmani e dunque "scontri coi neonazisti" che favoriranno il "reclutamento" jihadista».
Eccolo, il vittimismo. Lo Stato islamico lo teorizza, e la sinistra gli dà corda. Tutta la retorica jihadista, a partire dagli scritti del teorico Sayyid Qutb, è basata sul risentimento. Sull'idea che i musulmani siano maltrattati dall'Occidente, che li bombarda nei loro Paesi e li discrimina quando si trasferiscono altrove. Gli effetti si conoscono. Chi cade nella rete, comincia a sentirsi perseguitato ovunque, anche se nato e cresciuto in Europa.
Leggete quello che scrivono le ragazze che dall'Italia, dal Regno Unito o dall'Austria fuggono nel Califfato: «Solo qui in Siria siamo libere di praticare la nostra religione». Sono le parole che vengono ripetute costantemente dai pr dello Stato Islamico, secondo cui l'Europa è sprofondata in una sorta di «nuovo Medio Evo», una «Età oscura». La crisi, le difficoltà economiche, il declino spirituale agitano gli animi degli europei, che cercano un capro espiatorio su cui sfogarsi. E lo trovano negli islamici.
Nei «Black Flags Books» dell'Is abbondano descrizioni di moschee bruciate da gruppi di neonazisti, di musulmani schedati ed emarginati. Per i tagliagole, l'unica via di uscita possibile, manco a dirlo, è la radicalizzazione: il via verso il Califfato o l'azione jihadista contro gli infedeli. Purtroppo, però, tracce di questa retorica si ritrovano anche nei discorsi dei leader musulmani che dovrebbero essere moderati o che si presentano come tali.
Davide Piccardo del Caim, parlando al pubblico della scarna manifestazione organizzata dai «moderati» in piazza San Babila qualche settimana fa, gridava: «Non vogliamo più che la comunità islamica (...) sia individuata, additata e accusata come nemico interno. Perché queste cose le abbiamo già viste settant'anni fa, quando si è iniziato ad additare gli ebrei come nemici interni, abbiamo visto le persecuzioni razziali nei confronti degli ebrei. E oggi bisogna dire un no fortissimo all'antisemitismo ma anche all'islamofobia». Tirate di questo genere sull'islamofobia alimentano una «industria del vittimismo» i cui effetti sono devastanti.
Sono queste le idee che spingono i musulmani che vivono in Occidente a sentirsi un corpo estraneo, non le posizioni identitarie o «di destra». Per sentirsi parte di uno Stato bisogna condividerne i valori, accettarne le regole, accoglierne la cultura. A quel punto si è davvero cittadini. Altrimenti, si rimane per sempre stranieri, facili prede delle sirene estremiste. Non bastano un certificato di nascita, una laurea e uno stipendio corposo. Come dimostra il caso dei due assassini di San Bernardino in California, il risentimento può farsi largo anche dentro il cuore di chi è apparentemente «integrato». Il problema è: come si fa a integrare qualcuno all'interno della propria civiltà se questa civiltà viene continuamente vilipesa e disconosciuta in nome della tolleranza e del multiculturalismo? Non ci si può integrare in una cultura che fa di tutto per disintegrarsi.
Però le sinistre occidentali continuano a battersi per la sottomissione volontaria, e allo stesso tempo incentivano l'idea che l'islam sia la «religione degli oppressi». Delle vittime dell'arroganza bianca ed eurocentrica.
È presentandosi come religione degli oppressi che l'islam ha sfondato, decine di anni fa, nella comunità afro-americana. Si è proposto come alternativa radicale al capitalismo corrotto, come rimedio alle ingiustizie del mondo, come conforto per i «dannati della Terra». Allo stesso modo, ha fatto presa (anche in Italia) fra gli antagonisti. E ovviamente fra le élite culturali, che non vedevano l'ora di trovare qualche nuovo poveraccio da compiangere. Però l'islam, in particolare quello radicale, non è un'alternativa all'«Impero». È totalizzante, mira a cancellare le culture e i popoli per forgiarne uno solo che obbedisca all'unica vera legge, quella di Allah.
Non eleva: sottomette. Ma grazie alla retorica subdola di tanti leader islamici, alimentata dai buonisti di casa nostra, riesce a convincere vari strati di popolazione - di diverse estrazioni sociali - che il rimedio a tutti i problemi dell'Occidente sia la conversione. In questo modo, si crea un terreno fertile per l'estremismo, che funziona da calamita per i disadattati, i delusi, i frustati, gli ambiziosi. Per battere l'estremismo, bisogna cancellare il vittimismo. Però prendersela con «le destre» è più facile. E infatti c'è ovunque gente che ammazza sognando la Califfornia.
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