Riprendiamo da LIBERO di oggi, 18/11/2015, a pag. 1, con il titolo "Integrazione è l'ebreo che difende il prosciutto", il commento di Chiara Di Segni.
Gentile Filippo Facci, le scrivo riguardo il suo articolo sulla permalosità importata dagli islamici in Italia. Impeccabile e franco. Vorrei solo fare un appunto, se mi permette. Io sono ebrea, e come tutti gli ebrei italiani sono andata nelle scuole pubbliche, in quelle cattoliche, ho mangiato l'orrida pasta al sugo di pomodoro e i bastoncini di pesce con le scagliette di ghiaccio che si alternano al pangrattato bruciato, il pollo asciutto e insapore, la metà di un'arancia aspra e così via, come immagino anche lei.
Nella mia famiglia si mangiava il maiale quindi non ho mai avuto problemi, ma nelle case dei miei amici di religione ebraica che mangiavano casher, a nessun genitore è mai balenata l'idea di imporre le proprie scelte alimentari agli altri alunni, o ancora peggio al sistema scolastico, emanazione dello Stato. Nessuno si è mai permesso di fare richieste che andassero oltre l'ora di religione alternativa o la possibilità individuale dell'alunno di rispettare i precetti del sabato o delle feste comandate. Se non andava bene il cibo della mensa la mamma preparava il famoso panino al tonno e la questione era risolta. Abbiamo sempre osservato con piacere e stupore le opere d'arte raffiguranti il Cristo, Mosè e la Vergine nelle ore di storia dell'arte, nei musei, nelle chiese, l'arte era arte e se nel rinascimento erano i papi a finanziarla i soggetti erano soggetti cristiani, se la finanziava Napoleone erano scene di battaglia, cavalli bianchi e spade.
Nessuno si è mai posto la questione del contenuto delle gite, anzi, le confesso che a Roma essendo stati nel ghetto per secoli le famiglie non vedevano l'ora della nostra emancipazione culturale, ci facevano studiare il triplo, volevano che recuperassimo quella dimensione umanistica che fino alla fine dell'ottocento agli ebrei romani era preclusa perché eravamo realmente ai margini. A Torino, a Mantova, a Milano c'erano già gli avvocati, i notabili, i generali, ma noi ebrei romani vendevamo stracci. Il crocifisso era alla pareti delle nostre classi e delle sale parto in cui siamo venuti al mondo. Quando si vive per due millenni in un'area geografica che poi diventa uno Stato a maggioranza cattolica, cristiana, bisogna rispettarne il sentire. Bisogna saper convivere e sentirsi parte integrante del tessuto sociale, aiutarne la coesione, arricchirlo con i propri membri migliori. Gli ebrei nei millenni non avevano uno Stato, oggi che Israele c'è chi ha voglia di vivere una vita da ebreo in condizione di osservare i precetti al 100% ha anche l'alternativa di vivere in uno stato ebraico dove l'ebraismo è la religione della maggioranza, se non vuole il maiale nel piatto del vicino a scuola o alla mensa aziendale.
Così forse dovrebbe essere per coloro che, tra i musulmani, non si sentono a loro agio con le nostre abitudini e con Chagall. Faccio fatica a immaginare che i valorosi ebrei italiani nelle guerre risorgimentali (tra cui il mio trisavolo Leonello Foà) o nella Prima Guerra Mondiale chiedessero il rancio su misura. Sempre liberi ovviamente, come scelta individuale, di mangiarsi del pane con una cipolla al posto del maiale. Lo stesso concetto si adatta ai valorosi poliziotti musulmani che difendono la vita dei francesi e si portano il panino da casa, perché essere osservanti, occidentali, e leali alla società in cui si vive è possibile, e molti cittadini europei di religione islamica lo dimostrano ogni giorno. In poche parole la sensibilità degli ebrei non è mai stata urtata dallo stile di vita e dai valori fondanti di una società giudaico-cristiana dove la libertà di far scelte individuali non è mai messa in discussione, fino a quando non danneggia la libertà dell'altro. La convivenza è fondata sulla sensibilità e garantita dalle leggi.
Gli ebrei appartengono all'occidente e sono vertebra inseparabile di quella spina dorsale che speriamo l'occidente tenga dritta in questa epoca in cui combattiamo per la nostra stessa sopravvivenza. Per la sopravvivenza del prosciutto nelle mense scolastiche, del Cristo di Chagall, delle bellezze in bikini, della goduria di un prosecco d'estate, in armonia con i nuovi italiani che saranno liberi di far le loro scelte individuali ma mai di imporle all'altro perché quel Cristo, quella michetta al prosciutto, quel bikini e quel prosecco li impugneremo al posto dei kalashnikov contro i loro cattivi maestri e i loro ragazzini arroganti.
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