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Corriere della Sera Rassegna Stampa
14.11.2015 Dopo la morte di André Glucksmann, una nuova sconfitta per la sinistra antitotalitaria
Analisi di Pierluigi Battista

Testata: Corriere della Sera
Data: 14 novembre 2015
Pagina: 29
Autore: Pierluigi Battista
Titolo: «Una nuova sconfitta per la sinistra antitotalitaria»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/11/2015, a pag. 29, con il titolo "Una nuova sconfitta per la sinistra antitotalitaria", l'analisi di Pierluigi Battista.

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Pierluigi Battista

Era un’Internazionale senza potere, ma con molta passione. Un’Internazionale del pensiero. Una comunità intellettuale che aveva nel ripudio di ogni totalitarismo il suo baricentro e la sua ispirazione. Era un Repubblica dell’antiautoritarismo, ovunque, sempre, e della difesa intransigente delle libertà e dei diritti, ovunque, sempre. Non era un partito con una sua linea rigida e asfissiante. Conosceva e rispettava le differenze interne, un partito in cui ognuno andava per conto suo ma poi si ritrovava sempre su un terreno comune. Era, perché adesso si è praticamente vanificata: battuta, sconfitta. Con la morte di André Glucksmann questo variegato gruppo culturale, questo partito intellettuale della sinistra antitotalitaria, ha perso un pilastro decisivo. Un altro, forse quello più importante. La sua scomparsa, così dolorosa, è il simbolo di una fine.

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André Glucksmann

Oggi trionfano infatti gli aedi del realismo politico, i cantori della libertà d’espressione a sovranità limitata, gli apologeti dei dittatori e dei tiranni, purché siano i dittatori e i tiranni che garantiscono la «nostra» pace, i bilanci delle «nostre» imprese, gli interessi delle «nostre» nazioni. «Nostre», perché tanto il rimpianto Gheddafi torturava e massacrava gli altri. «Nostre», perché ci conviene: il contrario di una difesa appassionata dei diritti e delle libertà, ovunque, sempre.

C’era Christopher Hitchens, Hitch per tutti gli amici che ne apprezzavano l’irruenza intellettuale, che si batteva come un leone contro i totalitarismi, lui figlio del ’68 libertario e antiautoritario, lui che ha riconosciuto il volto dispotico del comunismo come lo descrivevano, in minoranza ma ostinati, Robert Conquest e Kingsley Amis, il padre dello scrittore Martin (che con Ian Mc Ewan è stato sommerso di improperi per aver denunciato l’illibertà assoluta dell’islamismo politico fondamentalista). Lui, Hitchens, all’avanguardia nella battaglie per difendere la vita e la libertà di Salman Rushdie mente una parte della cultura occidentale si ritraeva impaurita di fronte alle minacce degli ayatollah. Hitchens che, da sinistra e nella sinistra, ha appoggiato l’intervento degli Usa e dell’Inghilterra del laburista riformista Tony Blair, contro il Saddam Hussein che faceva strage di curdi con il gas. Hitchens amava molto un grande scrittore antitotalitario, George Orwell, il cui 1984 e la cui Fattoria degli animali , satire feroci della tirannia stalinista, fecero molto fatica ad avere un editore disposti a sfidare il conformismo dell’epoca.

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Bernard-Henri Lévy

Glucksmann amava invece molto Raymond Aron, che aveva scritto L’oppio degli intellettuali e soprattutto Albert Camus che da sinistra, da libertario, da antifascista, da antitotalitario, denunciava l’orrore del Gulag contro l’establishment culturale della Rive Gauche che applaudiva Sartre quando sosteneva la necessità di nascondere il Gulag per non deprimere il morale degli operai di Billancourt. Era la sinistra antitotalitaria di Pascal Bruckner, di Paul Berman che aveva raccontato quanto in cima all’odio degli islamisti fondamentalisti ci fosse il mondo liberale, l’Occidente dei diritti e delle libertà considerate peccaminose e frutto di Satana. Era l’atteggiamento baldanzoso dei nouveaux philosophes , dei Glucksmann e di Bernard-Henri Lévy soprattutto, che accese le luci sugli orrori dell’oppressione russa in Cecenia (altro che le stupidaggini sull’«islamofobia»), Grozny rasa al suolo, centinaia di migliaia di morti, nel silenzio dell’Occidente, tutto sommato soddisfatto che Putin si fosse assunto il compito di fare il lavoro sporco della repressione anti musulmana. Erano due eroi della libertà dell’Europa satellizzata e oppressa dall’Unione Sovietica. A Praga Vaclav Havel, il dissidente che aveva conquistato il Castello e che metteva in guardia l’Occidente dalle nuove pulsioni autoritarie che si muovevano in quel mondo. A Varsavia Adam Michnick, un nemico delle destre nazionaliste che si stanno prendendo la Polonia, già vittima del comunismo, già a favore dell’intervento occidentale per liberare il mondo dal terrorismo islamista.

Oggi la pattuglia dei critici dell’autoritarismo di Putin si è assottigliata fin quasi a scomparire. Nessuno si chiede più in quali circostanze sia stata assassinata la giornalista Anna Politkovskaja, uccisa nel 2006. Nessuno osa più protestare per le intimidazioni contro le opposizioni e figurarsi se qualcuno, nel mondo intellettuale americano ed europeo, ha qualcosa da eccepire sulla violazione della sovranità ucraina e sull’annessione violenta e unilaterale della Crimea. Oggi, con la morte di André Glucksmann, un’altra voce critica nei confronti dell’autoritarismo russo, che nel suo ultranazionalismo, è arrivata a rivalutare il terrore staliniano nella Grande Guerra Patriottica, è stata spenta. E anche i crimini di Assad saranno ancora più impuniti, anche nella dimensione dell’opinione pubblica. La sinistra antitotalitaria segna un’altra delle sue sconfitte. E chi vi rimane, resta anche un po’ più solo.

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante 


lettere@corriere.it

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