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La Repubblica Rassegna Stampa
01.11.2015 Se la pace non c'è ancora la responsabilità è tutta palestinese
Shimon Peres ricorda Itzak Rabin

Testata: La Repubblica
Data: 01 novembre 2015
Pagina: 1
Autore: Shimon Peres
Titolo: «Caro Rabin, Israele ti piange, i tuoi assassini non hanno vinto»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 01/11/2015, a pag.1/ 16, con il titolo " Caro Rabin, Israele ti piange, i tuoi assassini non hanno vinto ", il ricordo dell'ex presidente di Israele Shimon Peres.

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Shimon Peres

Il ricordo di Itzak Rabin è presente oggi su alcuni quotidiani. In tutti gli articoli la parola più citata é "pace", come se l'assassinio di Rabin avesse cancellato l'impegno di Israele a raaggiungerla. Persino Giulio Busi, sul Domenicale del Sole24Ore, sostituisce l'abituale recensione, con un pezzo nostalgicamente dedicato alla pace che non c'è ancora con i palestinesi. Così altri e altri ancora scriveranno in questi giorni che precedono il 4 novembre, la data in cui Rabin fu assassinato. L'accusa è però male indirizzata, non è Israele, ma la controparte palestinese alla quale va rivolta, a nessuno però viene in mente di farlo. Si sa, i palestinesi sono per loro natura pacifici, se non hanno ancora quello stato che vogliono non è dovuto al loro rifiuto, la colpa è di Israele che ostinatamente rifiuta di scomparire, di cancellare il proprio nome per sostituirlo con Palestina, come già disegnano le carte geografiche del pacifico Abu Mazen.
Richiamarsi alla pace oggi, indirizzando appelli a Israele, è la mistificazione della realtà più grande che si possa fare. Che venga dai nemici, dagli odiatori, è risaputo. Che venga dagli amici è un esempio di cecità assoluta. Per non dire di peggio.

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Al tempo degli Accordi di Oslo

Il pezzo di Shimon Peres è una dichiarazione d'affetto più che condivisibile. Manca però un richiamo a chi ha ucciso l'idea di pace in tutti questi anni. Non è stato solo l'assassino con la pistola il responsabile, sono piuttosto gli Accordi di Oslo ad aver fallito, Rabin era in buona fede, ci aveva creduto. Chi aveva mentito era Arafat, e dopo di lui il suo successore, Abu Mazen. Sono loro i responsabili della pace che non c'è. Eppure è a Israele che si chiede di farla, nessuno lo chiede a chi in tutti questi anni a sempre detto no a qualsiasi compromesso, per favorevole ai palestinesi che fosse.

IC continuerà a ricordarlo.

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Abu Mazen all'Onu: "gli Accordi di Oslo non esistono più"

Ecco l'articolo di Shimon Peres:

Vent'anni sono passati da quando le tre pallottole di un ignobile assassino ebreo hanno spezzato la vita di Yitzhak Rabin, lasciando un vuoto enorme nel cuore del popolo. Ricordo quel momento come se fosse oggi. Ed anche il bagliore di speranza negli occhi delle decine di migliaia di cittadini, radunati nella piazza per far sentire il loro entusiastico appoggio contro la violenza e per la pace. Ricordo il viso raggiante di Yitzhak, il tremito nella voce mentre cantava insieme ad un pubblico entusiasta .lasciate sorgere il sole, cantate un canto alla pace.. Mi manchi, come manchi a tutti i cittadini dello Stato d'Israele e la tua mancanza è sentita ogni giorno, tutti i giorni. Manchi ai nostri figli, che non vogliono solo studiare, ma anche conoscere il significato di uno Stato ebraico e democratico. Manchi ai soldati e alle forze di sicurezza, che oggi sono dispiegati nelle strade del Paese, giornoe notte, per proteggere i nostri cittadini contro gli attentatori - sei stato per loro un simbolo di combattente senza macchia e senza paura. Manchi alle madri e ai padri che hanno nostalgia di un leader come te e non hanno perduta la speranza in una vera pace. I vicoli della Città Vecchia di Gerusalemme, nei quali hai marciato conducendo l'esercito ad una vittoriosa battaglia, oggi colano sangue, mentre le pietre del Muro del Pianto stillano lacrime. Lacrime di nostalgia e di afflizione. Ma nella Gerusalemme afflitta vive la speranza vera di Sion, il cui spirito resiste e porterà alla redenzione. Anche oggi, Yitzhak, non possiamo né abbiamo il diritto di dimenticare l'incitazione selvaggia contro il primo ministro eletto, la violenza verbale rivolta contro il condottiero che aveva portato la vittoria. Il tuo assassinio, Yitzhak - per un delitto nato fra di noi - è un segnale di avvertimento anche oggi: l'odio intestino gratuito è pericoloso quanto un'ostilità organizzata esterna. Israele deve estirpare alla radice ogni fenomeno di assassinio a sfondo politico, sia che si tratti di un leader eletto, che di un semplice cittadino o di un bambino che non ancora assaporato la vita. Oggi, vent'anni dopo l'omicidio, affermo che il criminale che ha tentato di distruggere la democrazia israeliana e la speranza di pace è un assassino e non un vincitore. E questo assassino deve marcire in carcere fino al suo ultimo giorno. Ti hanno ucciso, leader amato e fidato, ma la strada da te indicata rimarrà aperta e piena di vita. Dobbiamo continuare a costruirla e a rafforzarla per unificare il popolo, a percorrerla finché arriveremo alla meta e non andare per la strada dell'istigazione e della frattura. Rabin sapeva che vi era gente che respingeva la sua linea politica, anche all'interno. Nemmeno per un momento pensò che leadership significasse arrendersi ai pericoli, agli attacchi, all'istigazione, offuscando l'obiettivo principale: il mantenimento di una maggioranza ebraica per garantire il futuro di Israele, in quanto Stato ebraico e democratico. Yitzhak Rabin è andato per la strada di Ben Gurion: sapeva che un leader non ha il tempo per rimandare decisioni. II cavallo galoppante della storia non concede pause di convenienza. Come Ben Gurion afferma nella sua eredità spirituale, che l'esistenza di Israele in quanto Stato ebraico e democratico ha la precedenza sul qualsiasi altra alternativa, sapevi anche tu che il nemico è il nemico e bisogna combattere senza compromessi il terrorismo omicida. Ma sapevi anche che la pace si fa a dispetto delle difficoltà e proprio con i nemici. Eri convinto che il supremo interesse sionista e nazionale dello Stato d'Israele imponesse un compromesso territoriale, ma non un compromesso storico; che una soluzione fondata su due Stati nazionali per i due popoli fosse quella che ci pub assicurare la maggioranza nel nostro paese ed il nostro futuro di stato ebraico e democratico, invece di un Paese che vive in situazione di perenne belligeranza. Il governo Rabin è riuscito ad avvicinare l'uno all'altro i sui cittadini, ebrei, arabi, drusi, beduini, cristiani e musulmani. Ha fatto il possibile per incrementare l'uguaglianza ed il senso di comunità civile, ha investito risorse nelle infrastrutture del settore arabo, tendendo la mano alla coesistenza. Il governo ha portato allo stesso livello gli assegni famigliari destinati ai bambini, senza fare differenze di appartenenza etnica o religiosa. I rapporti di Yitzhak con gli Stati Uniti sono arrivati al loro apice, sia da parte dell'amministrazione americana, sia per l'appoggio bi-partisan offerto dai democratici come dai repubblicani. Molti paesi hanno imparato che, andando a Washington, conveniva passare da Gerusalemme. Nell'ambito polit ico-diplomatico, durante il primo governo Rabin fu raggiungo l'accordo a interim con l'Egitto; durante il secondo, si arrivò al trattato di pace con il paese arabo a noi più vicino, la Giordania e furono poste le fondamenta per una soluzione basata su "due Stati per due popoli". II mondo ha portato rispetto ad Israele per la sua unicità, per la sua democrazia e per la sua rara cornbinazione fra coraggio militare, destinato alla difesa, e coraggio civile, destinato alla pace. In questi giorni sentiamo la mancanza della leadership di Yitzhak, che sapeva che uno statista non si misura dalla propaganda, bensì dalla capacità di prendere decisioni giuste e coraggiose, anche se difficili. Una leadership in grado di risvegliare la speranza di pace in un popolo che vuole la pace. Il popolo ti ha amato, Yitzhak, ed anche i tuoi rivali hanno imparato, nel tempo trascorso da quando sei stato ucciso, che la tua leadership era giusta ed indispensabile e che la sua mancanza è sentita e risveglia una profonda nostalgia. Il tuo percorso nella vita è ancora il nostro percorso e su questo continueremo ad avanzare, innalzando due bandiere sventolanti: la bandiera della sicurezza e la bandiera della pace. (Traduzione di Mila Rathaus)

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