Riprendiamo da LIBERO di oggi, 31/10/2015, a pag.13, con il titolo "La gauche se ne accorge adesso 'nelle banlieue vige la sharia' " di Mauro Zanon.
Mauro Zanon
PARIGI -Anche dai più insospettabili, talvolta, giungono segni di resipiscenza. E questa settimana è il turno di Le Monde, il quotidiano dell'establishment di sinistra, che dopo averci abituato per anni a tacciare di pazzia i vari Zemmour, Finkielkraut, Ménard, Camus, rei di denunciare da tempo la grande sostituzione di popolazione (arabo-musulmana ai danni delle popolazioni autoctone, "de souche", di cultura giudaico-cristiana) e soprattutto l'islamiz7a7ione delle banlieue, ha finalmente preso atto che nelle periferie tumultuose, lontane dalla Parigi dei salotti e delle élite mondializzate, sono le leggi di Allah e non di Marianne a ritmare la quotidianità. Per una volta il giornale parigino ha lasciato da parte le artico-esse sulla presunta islamofobia dilagante, ha abbandonato le analisi romantiche della periferia sorseggiando caffè a Saint-Germain-dès-Près, ha spalancato gli occhi ed è andato nelle banlieue senza occhiali ideologici, constatando che i «territori perduti della République» (così li definì in un saggio preziosissimo uscito nel 2002 lo storico francese Georges Bensoussan) ora sono nelle mani dell'islam. «Dieci anni dopo le rivolte, l'islam irriga la vita sociale delle cité», titola Le Monde nell'inchiesta esclusiva pubblicata nell'edizione di venerdì. A Clichy-sous-Bois, epicentro della "haine", dell'odio verso la République che dilagava e dilaga tra i casermoni grigi e tutti uguali dove la "laïcit" è un parolaccia, sempre più giovani sono affascinati dall'islam salafita, i fratelli Kouachi sono degli eroi, i vignettisti di Charlie Hebdo se la sono cercata, e i francesi non immigrati di cultura giudaico-cristiana sono spariti o sono obbligati a sottomettersi alle nuove leggi. «Il ruolo dell'islam come vettore dell'azione collettiva è una delle evoluzioni più evidenti nei quartieri popolari negli ultimi vent'anni», scrive Le Monde. Ma non è soltanto una questione spirituale, religiosa. Al di là di queste due dimensioni, nelle banlieue "halalizzate", come le chiamò il politologo e orientalista francese Gilles Kepel in un'inchiesta di qualche anno fa intitolata «Banlieue de la République», «l'islam funziona come elemento federatore e identitario», sottolinea l'intervistato Patrick Simon, ricercatore presso l'Ined. I kebab hanno sostituito i bistrot, le macellerie halal hanno spazzato via le drogherie tradizionali, le ragazze che non portano il velo vengono tratte come delle "salope", delle puttane, l'insulto più diffuso è "sale français", ossia sporco francese, i corsi di arabo dispensati dalle associazioni locali sono presi d'assalto, così come le moschee e le numerose sale di preghiera improvvisate anche nei garage degli immobili. Secondo Alexandre Piettre, studioso all'Ephe, «c'è indubbiamente una progressione di un islam ritualista e rigorista».
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