Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 28/10/2015, a pag. 45, con il titolo "Quel busto di Azzariti e i restauri senza ritorno", il commento di Gian Antonio Stella.
Ecco i link al precedente articolo di Gian Antonio Stella, con i riferimenti ad altri suoi interventi e alla lettera di rav Giuseppe Laras, Riccardo Calimani:
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=59830
Gian Antonio Stella
«Mandiamolo a restaurare. Quando torna torna…» L’idea, morbidamente democristiana (traduzione: sarà dimenticato da qualche parte e addio) era venuta, pare, a Sergio Mattarella. Ai tempi in cui faceva parte della Corte costituzionale investita dalle polemiche sul busto di Gaetano Azzariti. Ricordate? Era l’uomo forte al ministero della Giustizia negli anni del fascismo trionfante e delle leggi razziali e perciò messo dal Duce a guidare il Tribunale della razza. Uscito indenne da ogni guaio grazie alla capacità di riciclarsi prima nel governo Badoglio e poi al fianco di Togliatti, che lo prese come assistente consentendogli non solo di restare in magistratura ma di essere eletto anni dopo alla Corte costituzionale della quale sarebbe diventato perfino presidente. Che ci faceva quel busto alla Consulta? Il primo a porre la domanda, tre anni fa, nella scia del libro di Barbara Raggi Baroni di razza , fu il vicepresidente Paolo Maria Napolitano, ricordando il giudizio di Renzo de Felice, probabilmente il massimo studioso del fascismo, sul Tribunale della razza: «Fonte di immoralità, di corruzione, di favoritismo e di lucro».
Il busto di Gaetano Azzariti
Seguirono vari articoli del Corriere e del Mattino di Napoli , una rubrica su Repubblica di Corrado Augias e, su tutti, il saggio di Massimiliano Boni Gaetano Azzariti: dal Tribunale della razza alla Corte costituzionale . Saggio che, documenti alla mano, inchiodava il giudice alle sue responsabilità. Basti ricordare un suo discorso a Milano: «La diversità di razza è ostacolo insuperabile alla costituzione di rapporti personali, dai quali possano derivare alterazioni biologiche o psichiche alla purezza della nostra gente».
Eppure non solo la Corte costituzionale era rimasta sorda a ogni appello ma alla nostra richiesta di avere il verbale della seduta in cui era stata respinta la proposta di togliere il busto, verbale in teoria pubblico, fu risposto: no. Al che il rabbino Giuseppe Laras e lo storico Riccardo Calimani scrissero sul Corriere una lettera al capo dello Stato: «È veramente insultante, nei confronti della memoria delle innumerevoli vittime del fascismo e dei loro discendenti, apprendere dell’odierno rifiuto di rimuovere dalla sede della Corte costituzionale il busto di Azzariti».
Finalmente, ci informa Augias, il busto è andato (con altri) in restauro. Addio. Meglio tardi che mai. Certo, una sana discussione sui buchi neri della nostra storia sarebbe stata più salutare. Ma come si dice: piuttosto che niente, meglio piuttosto...
Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante