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Libero Rassegna Stampa
26.10.2015 L'intelligence israeliana per combattere gli sprechi in Italia
Yoram Gutgeld intervistato da Luca Telese

Testata: Libero
Data: 26 ottobre 2015
Pagina: 11
Autore: Luca Telese
Titolo: «'La mia intelligence israeliana per fare fuori i vostri sprechi'»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 26/10/2015, a pag. 11, con il titolo "La mia intelligence israeliana per fare fuori i vostri sprechi", l'intervista di Luca Telese a Yoram Gutgeld.

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Luca Telese

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Yoram Gutgeld

«Sono nato a Tel Aviv, nel 1959: la città aveva mezzo secolo, prima del 1909 c'erano solo paludi e malaria. In questa storia di fondazione c'è tutta la storia di Israele». Yoram Gutgeld è il commissario alla spending review, ma anche - e soprattutto - uno dei principali cervelli economici renziani. È deputato, lavora a palazzo Chigi, per quasi tutta la sua vita di economista è stato senior partner in McKinsey, una delle più importanti società di consulenza organizzativa e strategica del mondo. Ha un carattere gioviale, si considera «un marziano nel mondo della politica», è sposato con una ex collega (Maria Antonietta) ha un figlio talentuoso, leader studentesco (Federico, ne parleremo tra poco), è uno dei padri degli «80 euro», della manovra sull'Imu e del taglio dell'Ires 2017: «Lo so che Libero è scettico e ci farà le pulci. Fa bene. Ma a chi dubita dico: il taglio ci sarà. È già in questa legge di stabilità».

Onorevole Gutgeld: lei ha radici polacche, anagrafe israeliana, formazione americana, identità adottiva italiana. Chi è davvero? «Qualcosa in queste identità si assomiglia. Israele ha un po' dell'Italia e un po' dell'America».

In che senso? «È un paese informale, poco gerarchico. La caratteristica più importante, come per l'Italia, è la creatività».

La prima lezione che le arriva dalla storia della sua famiglia? (Sospiro amaro) «Potrei dire il tempismo».

In che senso? «Il 1 settembre 1939 Hitler invade la Polonia. Mio padre e i miei fratelli pensano che per gli ebrei stia arrivando la catastrofe, partono immediatamente. E si salvano. Le mie zie invece...»

Non volevano andar via? «Pensando ai figli, alle difficoltà alle loro vite, esitarono sui tempi. Decisero di seguire i fratelli, ma ritardarono di quattro giorni».

Solo quattro? «Già. Ma in quel tempo erano la differenza tra la vita e la morte».

Le frontiere si chiusero? «Esatto. Le mie nonne, le mie zie, tutti quelli che non partirono subito finirono sterminati tra i fili spinati del ghetto di Varsavia e i camini di Auschwitz».

È vero che nella sua famiglia c'è una sorta di Oskar Schindler? «Sì, un personaggio straordinario: Roslan, l'autista di mio nonno decise di salvare i miei cugini nascondendoli in casa. Una storia bellissima, in parte tragica».

Cosa accadde? «Roslan aveva un figlio coetaneo dei tre ragazzi. Un mio cugino e questo figlio si ammalarono di polmonite. Ma i miei cugini non potevano andare in ospedale! Le medicine erano razionate, i due bimbi ammalati si divisero le dosi di uno per sopravvivere».

Incredibile. «Sì: dimezzando l'efficacia del trattamento morirono entrambi».

Un'altra lezione? «Il massimo della ferocia del secolo, e il massimo della generosità di un uomo. Adesso Roslan ha un albero nel giardino dei Giusti: ogni volta che posso, ci vado».

I lutti continuarono a segnare anche la sua vita. «Perdo mio padre a sei anni. Mia madre nove anni dopo. A 15 anni sono orfano di entrambi i genitori».

Che famiglia erano i Gutgeld? Ricchi o poveri? «Classe media. Mio bisnonno era eletto nel parlamento polacco. Mio padre si era reinventato avvocato in Israele, con successo. Difendeva, tra gli altri, Moshe Dayan, l'eroe di guerra».

Lei è un matematico? «Si. Mio padre era matematico, la matematica oggi è il mio pane. I miei zii sono matematici, i miei figli hanno uno spiccato talento per i numeri. Evidentemente nel nostro Dna c'è la matematica».

II senatore Gotor, suo compagno di partito, scherzando con lei, la punzecchia: «Alla spending review c'è un agente del Mossad». «Non le dico cosa rispondo a Miguel».

Però è vero che lei era in un'unità speciale che si occupa di intelligence, la 8200. «In Israele l'esercito è il pilastro della società, luogo di formazione della classe dirigente: nasce dal kibbutz comunista, come idea di protezione collettiva. La nostra idea di esercito è diversa da quella europea: progressista, "napoleonico", segnato da una lunga leva».

Un esempio? «In Italia, se eri potente, ottenevi l'esenzione dalla leva. In Israele se non sei stato nell'esercito sei un appestato».

Addirittura? «Prima domanda nei colloqui di lavoro: "Dov'eri irrigimentato?" Se non hai vestito la divisa sei uno smidollato, ti cacciano».

Una volta, in Versilliana, lei definì la sua ex unità, la 8200, «il reparto cervelloni»... «E così: nell'8200 si studia la tecnologia applicata all'intelligence. Negli ultimi mille brevetti di Tlc registrati nel mondo, diversi vengono da quel reparto. Io, purtroppo o per fortuna, finiti i primi tre anni di leva, non firmai per il rinnovo a 5: a 23 anni andai a studiare in America».

Però, molti anni più tardi, quando fondò la sede israeliana di McKinsey, ritrovò sulla sua strada la 8200... «Accadde questo: alcuni dei ragazzi talentuosi che avevo assunto per aprire la filiale, furono tra coloro che nell'8200 realizzarono l'attacco hackeristico che rallentò il programma nucleare iraniano. Ragazzi svegli. Evidentemente avevamo scelto bene».

Lei studia quattro anni in America, poi nel 1989 arriva in Italia, dove alla McKinsey conosce la donna della sua vita, Maria Antonietta Di Benedetto. Sceglie l'Italia per amore? «È così! Conosce la battuta preferita di mia moglie?»

Temo di si... «Noi abbiamo casa a Forte dei Marmi. La Santanché a Pietrasanta. Durante gli sbarchi Daniela diceva in ogni tv: "A sinistra, se sono coerenti, l'extracomunitario se lo prendano a casa!"».

Un grande classico di Daniela. «Da allora Maria Antonietta ripete a tutti gli amici: "Sono l'unica che l'extracomunitario se lo è preso davvero!". Ah ah ah!».

L'extracomunitario sarebbe lei. «Tecnicamente ineccepibile: anche se ormai, oltre al passaporto israeliano, ho pure quello italiano».

Parliamo del suo incarico. Prima di lei sono saltati sette commissari alla spending review, senza riuscire a ridurre la spesa! «Non è del tutto vero. Comunque noi la spesa la stiamo riducendo, 20 miliardi in 2 anni, e andremo avanti».

Il suo predecessore, Carlo Cottarelli prendeva 250mila euro l'anno. Lei quanto costa agli italiani? (Congiunge pollice e indice in cerchio) «Zero! Ho rinunciato a qualsiasi paga. Mi basta lo stipendio da parlamentare».

Entrando nella «Casta» si è arricchito o impoverito? «Per fare politica mi sono dimesso da McKinsey».

Guadagnava 3 milioni di euro l'anno, ora trenta volte di meno... «Però non ho rimpianti».

Lei è un progressista al cubo, un laburista, ma stima Bibi Netanyahu, «il Berlusconi israeliano». È vero? «Per anni per me era il fratello di Yoni, unica testa di cuoio morta a Entebbe nel 1976, nel raid per liberare gli ostaggi. Poi l'ho conosciuto molto bene, a Tel Aviv. È un cervello sottile, un politico abilissimo».

Un grande pregio della società israeliana che vorrebbe importare? «Il diritto al dissenso. E poi una sorta di spirito collettivo, in questo simile agli Usa: "Si può fare"».

Mi faccia un esempio. «Negli Usa ho lavorato da esperto di teoria di giochi alla Rand, una società che, tra l'altro, si occupa di strategia per l'esercito americano».

Teoria dei giochi, come Vaorufakis? (Ride) «Con più successo di lui, direi... Ma torno all'esempio: per sviluppare lo stesso carro trasporto-truppe corazzato, gli Usa ci hanno messo 15 anni e Israele tre».

Perché? «Israele fa di necessità virtù: ha sviluppato il sistema anti-razzo, contro quelli lanciati da Gaza, in soli tre anni: sembrava impossibile».

Suo figlio è un leader studentesco, organizza proteste contro la riforma della scuola del suo governo. Come la mettiamo? «In Italia le colpe dei padri ricadono sui figli e viceversa: viene considerato sconveniente. Ricordo un titolo cult di Libero su noi due: "Gutgeld di lotta e di governo". Ne abbiamo riso per mesi».

Perché? «Federico è un'intelligenza brillante: discutere con lui, soprattutto quando è critico, è per me un enorme arricchimento. Ricorda "il diritto al dissenso"? Lo pratico anche a casa».

Chi le ha presentato Renzi ? «Un ex collega di McKinsey, Daniel Ferrero, uno che come imprenditore ha reiventato il marchio Venchi. Un genio».

Amore a prima vista? «Per me sì. Matteo è brillante: impara, capisce e decide in un secondo. La caratteristica dei leader».

Nel 2012 David Allegranti, sul «Corriere», la citò per primo: «Ecco Gutgeld, Mr. 100 euro». Ne ha persi 20 per strada? «L'idea originaria era una cifra tonda. Poi abbiamo quadrato i conti. Tutti dicevano: "È una balla", ma come vede sono ancora Iì, promessa mantenuta».

Mi dice una caratteristica di Renzi? «Spingere sempre, sempre, sempre, per ottenere di più. Se ho rinunciato al mio stipendio è perché può fare la differenza per l'Italia».

Lei da economista criticava la politica della destra, da politico ora difende l'aumento del limite sui contanti. «Mai creduto che l'evasione si combatta con strumenti polizieschi. I raid della finanza a Cortina sono stati inutili e scellerati».

Lo pensava anche prima? «Sì. Se sei terrorizzato evadi lo stesso. Ma forse non compri il suv! II governo Monti aumentando tasse su barche e auto di lusso ha ricavato pochi soldi e danneggiando interi settori di attività economica come i porti turistici».

Come si combatte l'evasione? «Controlli incrociati, autocertificazioni. Con la reverse charge e il solit payement pensavamo di recuperare 2 miliardi, ne abbiamo incassati 3!».

L'Europa vi ha fermato, però. «Solo una delle quattro proposte. Funziona il meccanismo. Con i controlli incrociati recupereremo altri 5 miliardi».

E' un governo amico delle banche, avete cancellato la portabilità dei mutui della Bersani. «Provi a vedere quanto sono incazzate per la tassazione delle quote di rivalutazione di Bankitalia!».

Ma la centrale unica degli acquisti funzionerà mai? «Eccome. Centralizzeremo 15 miliardi di acquisti dello Stato quest'anno, molti di più nei prossimi».

Il direttore di «Libero» è pronto a scommettere che non farete il taglio dell'Irpef nel 2018. «Con Belpietro scommetto quel che vuole, ci vediamo tra due anni. Se perde, però... gli taglio lo stipendio eh eh».

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