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Italia Oggi Rassegna Stampa
22.10.2015 Nel cuore del Negev il laboratorio di Syrah e Cabernet
Analisi di Luigi Chiarello

Testata: Italia Oggi
Data: 22 ottobre 2015
Pagina: 28
Autore: Luigi Chiarello
Titolo: «Noi del Negev, psicologi delle viti»

Riprendiamo da ITALIA OGGI di oggi, 22/10/2015, a pag. 28, con il titolo "Noi del Negev, psicologi delle viti", l'analisi di Luigi Chiarello.

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Un filare di viti a Revivim, nel Negev

«Con due tubicini trasparenti in profondità e una telecamera al loro interno, misuriamo il comportamento dei vitigni: in caso di siccità, i pori (stomi) del Cabernet Sauvignon si chiudono per trattenere acqua nelle radici. E' un vitigno pessimista. Il Syrah, invece, apre i pori per fare fotosintesi e raffreddare le foglie: è ottimista, ma così facendo perde acqua più rapidamente. E più stressato. Le radici del Cabernet, poi, si comportano meglio sotto terra: hanno distribuzione larga e omogenea. Il Syrah, invece, va in profondità al 99%. Con un altro sensore nel tronco della vite composto da due aghi misuriamo, invece, la velocità con cui l'acqua sale all'interno, per capire le differenza di performance nell'approvvigionamento idrico tra i vitigni»: queste parole non sono tratte da un film fantasy sulle bioscienze, ma raccontano il lavoro quotidiano svolto in un centro agronomico israeliano.

Siamo a sud di Be'er Sheva, la capitale del Negev, centro strategico meridionale del paese di David; qui c'è un laboratorio agronomico a cielo aperto denominato Joel de Malach, nome ebraico di Giulio De Angelis, un ricercatore di fama mondiale che ha vinto la sfida sionista lanciata dal padre di Israele, Ben Gurion, di far fiorire il deserto. Il kibbutz fondato in queste lande da De Angelis ha un nome che racconta: Revivim (rugiada).

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Si trova a pochi chilometri dal kibbutz di Ben Gurion, Sde Boker, ancora oggi uno dei più rinomati centri di ricerca agricola del Paese. In queste terre le precipitazioni d'acqua sono inferiori a 100 mm l'anno. Eppure si coltiva vite. Di più: si sviluppano biotecnologie. Il centro Joel de Malach (finanziato al 50% dal HHL e al 50% da ministero dell'agricoltura e aziende governative), diretto da Zion Shemer, è nato nel 1987, per volontà dello stesso De Angelis che qui stabilizzò la stazione agronomica di Revivim.

La regione, chiamata Ramat Negev, oggi produce vino per 130-140 mila bottiglie di vino l'anno, esportato in Germania e Usa e risultato della spremitura del 10% del raccolto. Il 90% dei grappoli va a ingrossare le botti di altri produttori del Paese. La vendemmia avviene di notte, per il caldo. Si inizia ad agosto col merlot, si continua a settembre. Per l'irrigazione si usano acque fossili: di recente è stata scoperta un falda a 300 metri di profondità, di epoca glaciale, protesa verso il Sahara. Altra acqua arriva dalla depurazione delle reflue e dagli impianti di desalinizzazione di Ashkelon sul Mediterraneo.

Al centro De Malach (300 metri di altitudine) oggi si sperimentano 30 vitigni, 20 rossi e dieci bianchi, per capire quali siano le cultivar più resistenti al difficile ambiente dell'area. Il terroir è desertico, sabbia e argilla. L'innesto utilizzato è il grocery australiano, capace di affrontare terreni aridi ed elevata salinità dell'acqua.

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