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La Repubblica Rassegna Stampa
28.09.2015 Martin Amis racconta il suo libro 'La zona d'interesse'
Intervistato da Amanda Mars

Testata: La Repubblica
Data: 28 settembre 2015
Pagina: 56
Autore: Amanda Mars
Titolo: «'Il male assoluto? Sono tutte le forme del nichilismo'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 28/09/2015, a pag. 56-57, con il titolo "Il male assoluto? Sono tutte le forme del nichilismo", l'intervista di Amanda Mars a Martin Amis.

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Amanda Mars

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Martin Amis

Martin Amis apre la porta della sua casa di Brooklyn l’11 settembre, un anniversario maledetto negli Stati Uniti, ma la faccia delusa dello scrittore stavolta ha a che fare con il tennis: «Serena ha perso», sono le prime strascicate parole che pronuncia all’ingresso. Ora esce “La zona d’interesse”, un romanzo in cui torna a parlare dell’Olocausto e il cui tono satirico sollevò moltissime critiche quando venne pubblicato, un anno fa. Si può fare della satira sull’orrore? Sparse per la casa ci sono delle copie, in diverse lingue, dell’ultimo libro con cui ha osato farlo, ma sul tavolo della cucina c’è Letters to Vera di Vladimir Nabokov, che sta rileggendo. Amis è poco incline a frequentare autoriviventi.

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"La zona d'interesse", di Martin Amis, in libreria a partire da domani (Einaudi ed.)

Perché non legge la nuova letteratura? «È una questione di buon senso. Leggere scrittori giovani o più giovani di me non è un modo efficiente di usare il tempo della lettura. Leggo solo i miei amici: Zadie Smith, Will Self... Ma non perché sono giovani. Il giudizio sul valore di un romanzo, di un quadro o di una poesia lo dà il suo perdurare nel tempo. L’unico giudice di un’opera è il tempo. Se un libro dura un secolo, probabilmente è un buon libro; se dura dieci anni, non tanto. Per questo sono solito leggere opere di autori morti, perché le loro opere sono sopravvissute, mentre la lettura del romanzo di un autore di 25 anni è una scommessa non molto sensata».

Il suo ultimo romanzo inizia in un modo romantico, ma in un contesto grottesco. Qual è il ruolo dell’amore nella storia? «Spesso i romanzi iniziano semplicemente con un’immagine e quando ce l’hai, sai di avere un pezzo di narrativa da raccontare, e io ho visto una scena d’amore a prima vista in questo terribile contesto. L’amore per la donna lo rende più coraggioso e diventa un salvatore. L’amore ti rende più idealista. Ma alla fine fallisce, gli rimane una delusione romantica, perché i regimi totalitari rendono molto difficile alle persone amarsi. C’è troppa morte, che è il contrario dell’amore, come l’odio; per questo l’amore deve alla fine rimanere deluso».

Uno come Hitler, dunque, non può essersi innamorato? «Decisamente no. Uno dei grandi misteri di Hitler, a differenza di Stalin o di Mao, è che non sappiamo nemmeno se abbia mai fatto sesso in vita sua. Ci sono teorie che dicono che era normale, altri dicono che era completamente asessuato e altri ancora che era un pervertito. Ma io sono incline a pensare che fosse una persona senza sesso. È impossibile immaginarlo che fa l’amore con Eva Braun e poi si fuma una sigaretta a letto... Impossibile».

Perché Smzül, il personaggio ebreo, ha la storia più breve? «Perché è difficile scrivere di una vittima. Questo è il mio secondo romanzo sull’Olocausto e nel primo ho guardato le vittime da lontano. Ma nel frattempo mi sono sposato con una donna ebrea la cui famiglia ha subito l’Olocausto. E le nostre figlie sono per metà ebree. Ora mi sento parte di tutto questo; non vedo più le vittime così lontane da me».

È rimasto colpito dalle polemiche che alcuni dei suoi libri hanno suscitato negli ultimi anni? Si è censurato? «No, spero di no. La sforzo più grande nella nostra vita è quello di andare verso una maggiore democrazia, sociale e culturale. Non puoi esserne consapevole quando scrivi, ma quando guardo i miei primi romanzi mi dico ancora: “Cavolo, come ho fatto a dire una cosa simile”. Perché è offensiva. Ma direi che ha molto a che fare con l’essere giovane, stupido e coraggioso. Oggi dico ancora quello che voglio. Naturalmente, non ti pieghi alle visioni religiose della gente, niente di tutto questo, ma, forse, sei un po’ più attento a chi offendi».

E al perché, probabilmente. «Sì, a quale sia l’obiettivo. Ma penso che sia una questione molto importante quella dell’autocensura in atto, molto importante quando si tratta dell’Islam, perché la gente ha paura».

L’attacco a Charlie Hebdo ha chiuso la porta sul ridere del sacro? «Non credo. O almeno spero di no, perché sarebbe una vittoria terribile per l’estremismo, ma cinque giorni dopo la rivista ha pubblicato un nuovo numero con Maometto in copertina».

Ma ora hanno detto che non lo rifaranno. «Lo hanno detto? Qualsiasi rappresentazione della forma umana è considerata blasfema nell’Islam e anche qualsiasi raffigurazione del profeta; questa non mi sembra una gran perdita, ma lo è in termini di libertà di espressione».

L’umorismo dovrebbe avere dei limiti? «No. Ma non sarei nemmeno totalmente permissivo su tutto. Qualunque tema si scelga implica delle particolari responsabilità e l’Olocausto più di qualsiasi altro. Ma sono le responsabilità che affronti in ogni pagina che scrivi, devi trovare il tono giusto. È qualcosa di simile al decoro, che non significa cortesia, ma un linguaggio appropriato per ogni evento».

Il male assoluto sembra presente in gran parte del suo lavoro. Crede che sia uno dei grandi problemi del nostro tempo? «Non mi piace troppo il concetto di male, lo vedo troppo teologico; preferirei la parola crudeltà o cattiveria. Tuttavia è qualcosa che continua a manifestarsi di continuo sotto varie forme. Ora un’organizzazione terroristica esalta la sua crudeltà e non dice come è abituale “ci dispiace dover uccidere questa gente, ma è necessario”. No, questi sono orgogliosi di uccidere dei civili e di ridurre in schiavitù delle ragazze, degli stupri di massa... È sicuramente una nuova declinazione della cattiveria e loro ci vedono una giustificazione religiosa».

Quando assiste a ciò che sta accadendo in Siria, pensa che ogni epoca ha il suo male assoluto? «L’Is è una nuova manifestazione, una nuova evoluzione del male, ma forse è troppo dire che è un’altra cosa. Si tratta di una forma di nichilismo; è sempre nichilismo, nazisti, bolscevichi, Is...».

Segue la politica britannica? Che cosa ne pensa di Jeremy Corbyn? «Con Corbyn, il partito laburista smetterà di essere un partito. Diventerà un gruppo di pressione, non ci sarà un governo capeggiato da lui. L’ultimo leader laburista Miliband, fallì perché era troppo di sinistra e ora scelgono uno che è molto più a sinistra».

Traduzione di Luis E. Moriones - El País / LENA, Leading European Newspaper Alliance

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