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La Stampa Rassegna Stampa
28.09.2015 Siria: i raid (scoordinati) della coalizione internazionale
Analisi e cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 28 settembre 2015
Pagina: 4
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Intelligence, raid, aiuti ai ribelli: ogni Paese fa la sua guerra - I caccia francesi bombardano la Siria»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 28/09/2015, a pag. 4, con i titoli "Intelligence, raid, aiuti ai ribelli: ogni Paese fa la sua guerra" e "I caccia francesi bombardano la Siria", due servizi di Maurizio Molinari.

A destra: Bashar al Assad strangola la Siria con la protezione di Russia e Cina; la comunità internazionale è assente

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Maurizio Molinari

"Intelligence, raid, aiuti ai ribelli: ogni Paese fa la sua guerra"

I raid dell’Eliseo debuttano in Siria contro campi di addestramento dello Stato Islamico (Isis) da cui provengono «minacce alla sicurezza francese» confermando una selezione di obiettivi, da parte di Usa e Gran Bretagna, condizionata in misure crescente da priorità nazionali. Il premier Manuel Valls parla di «prove di piani di attacchi contro la Francia» che hanno portato a colpire «i santuari dove vengono addestrati terroristi che vogliono realizzare attentati» identificati grazie ai voli di ricognizione che Parigi ha eseguito a partire dal 7 settembre.

È un linguaggio simile a quello di David Cameron, premier britannico, che a fine agosto ha giustificato i raid di droni per eliminare quattro jihadisti connazionali a Raqqa in quanto «complottavano contro di noi». È il «Terror Threat Snapshot» confezionato dal Congresso Usa sulle attività di Isis a spiegare quanto sta avvenendo in seno alla coalizione anti-Isis: «È in aumento il numero di complotti dello Stato Islamico per colpire l’Occidente, sono stati almeno 28 dall’inizio dell’anno» e dunque «le minacce alla sicurezza nazionale devono essere prese con maggiore serietà». Washington, Londra e Parigi ritengono che il Califfo abbia ordinato di mettere a segno devastanti attentati in Occidente adoperando «Foreign Fighters» europei ed americani. Da qui la trasformazione dei raid, in Siria come in Iraq, in «azioni di legittima difesa» preceduti da una minuziosa raccolta di intelligence con il conseguente aumento di campi di addestramento e singoli jihadisti nella scelta degli obiettivi.

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Attentati in Occidente
È una strategia che spiega il crescente impegno di jet di Paesi occidentali - Australia, Canada, Francia e Gran Bretagna in Iraq e Siria, Olanda e Danimarca solo in Iraq - a fianco di Stati Uniti e alleati musulmani che continuano, soprattutto in Siria, a realizzare il maggior numero di raid. «Gli attacchi contro campi e individui che preparano attentati in Occidente - sottolinea una fonte militare a Londra - ha portato a risolvere il problema della carenza di obiettivi registrata in precedenza». Anche la Turchia, alleato Nato, segue una propria agenda nazionale nei raid in Siria ed Iraq, preferendo bersagliare - da fine agosto - basi e installazioni del Partito dei lavoratori curdi (Pkk) puntando a creare una propria zona cuscinetto lungo i confini siriani, in particolare a Nord di Aleppo. Ankara però, a differenza degli altri Paesi Nato, dispone di una efficiente milizia ribelle sul campo delle operazioni anti-Assad: si tratta di «Ahrar al Sham» che ha guidato gli islamici non-Isis alla conquista della provincia di Idilib e può contare su forniture di armi di ultima generazione - i razzi antitank - da parte di sauditi e qatarini.

Minacce alla Russia
In tale cornice, l’intervento militare russo ordinato da Vladimir Putin ha un obiettivo diverso che Leonid Isayev, politologo moscovita appena tornato da una visita alla base di Latakia, riassume così: «Blindare il regime di Bashar al Assad nell’immediato e prepararsi ad usare i soldati per evitare la caduta di Damasco, se dovesse essere necessario». Anche Putin tuttavia ha un occhio particolare per le «minacce dirette alla Russia»: la «war room» anti-Isis creata a Baghdad con Iran, Iraq e Siria cela la volontà di dare la caccia ai circa 1800 «Foreign Fighters» ex sovietici che Mosca teme possano complottare per colpirla.

"I caccia francesi bombardano la Siria"


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François Hollande

Con un attacco nei pressi di Deir al-Zour la Francia ha compiuto il primo raid aereo contro lo Stato Islamico (Isis) in Siria.

Attacco preventivo
È stato il presidente François Hollande a darne l’annuncio spiegando che l’obiettivo è stato un «campo di addestramento di terroristi nella Siria orientale che complottavano contro di noi». Non vi sarebbero vittime ma l’azione militare ha un immediato impatto politico, consentendo a Parigi di ritagliarsi un ruolo nei contatti in corso fra Mosca e Washington sulla sorte di Bashar al Assad. «Serve una soluzione politica per porre fine alla guerra in Siria ma Assad non può esserne parte» ha detto Hollande, usando un linguaggio teso a distaccarsi in maniera netta dal premier britannico David Cameron, secondo il quale «per breve tempo Assad può restare al potere», e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, per cui «la soluzione passa attraverso Assad».

Ciò significa che quando oggi il presidente Usa Barack Obama incontrerà Vladimir Putin, sostenitore di una «transizione politica con Assad al potere», entrambi sapranno del disaccordo francese. È una mossa con cui Parigi si posiziona in sintonia con i Paesi sunniti - Arabia Saudita, Turchia e Qatar - contrari a qualsiasi compromesso su Assad. L’accelerazione militare francese non convince però il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che da New York osserva: «Bisogna evitare che si ripeta quanto avvenuto in Libia» quando proprio Parigi, con Nikolas Sarkozy all’Eliseo, spinse la Nato all’intervento che portò al rovesciamento di Muammar Gheddafi ed all’attuale guerra civile. «La posizione italiana resta contraria a blitz e strike» aggiunge Renzi, giudicando«positivo» che «la Siria sia tornata centrale» perché «crediamo che bisogna coinvolgere tutti i soggetti interessati» e dunque l’odierno incontro Obama-Putin dimostra «quanto diciamo da un anno e mezzo sull’impossibilità di non coinvolgere la Russia».

Baghdad si allinea a Mosca
L’auspicio di Renzi è che in Siria non si ripeta l’errore fatto in Libia dove «all’intervento armato non ha fatto seguito una scommessa politica e stiamo pagando i costi della destabilizazzione di quell’area». Gli occhi degli europei sono dunque puntati sulla Russia che continua a costruire una propria coalizione anti-Isis: al massiccio ponte aereo verso Latakia per sostenere il traballante Assad si aggiunge la creazione di una struttura di intelligence congiunta a Baghdad - con Iran, Iraq e Siria - per «meglio combattere il Califfo», come spiegano i portavoce del Cremlino. Il presidente iraniano, Hassan Rohani, si muove d’intesa con Mosca e, dai microfoni di Npr e Cnn, fa sapere a Obama: «Adesso siamo pronti a cooperare con gli Usa sulla Siria» ma il percorso deve essere quello suggerito da Putin ovvero «prima cacciamo i terroristi e poi ci occupiamo della transizione».

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