Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/09/2015, a pag. 15, la breve "Manifesta contro la famiglia reale, giovane rischia la decapitazione".
Ali Nimr
Decapitazione e crocifissione. Questa è la pena che attende Ali Nimr, 21enne dell’Arabia Saudita incarcerato nel 2012. Il ragazzo, originario della regione nord orientale di Qatif a maggioranza sciita, aveva preso parte a una dimostrazione contro il governo di Riad e la famiglia reale. Manifestare contro la famiglia dei Saud gli è costato il carcere, nonostante all’epoca avesse 17 anni. Nei tre anni successivi i giudici lo hanno riconosciuto colpevole di 14 capi di accusa, tra cui quella di terrorismo e l’attacco a una sede della polizia.
Secondo l’ong londinese Reprieve, che ha denunciato il caso di Nimr, la sentenza verrà eseguita nelle prossime settimane. Nel 2014 nel regno saudita sono state eseguite 90 condanne a morte. Un numero che viene superato solo dall’Iran con 289 e dalla Cina che non ha mai voluto fornire cifre ufficiali. Record negativo che l’Arabia Saudita ha superato nel 2015 con 109 condanne a morte. Un dato che non sembra aver pesato sulla nomina dell’ambasciatore saudita Faisal Bin Hassan Trad a una posizione chiave all’interno della Commissione per i diritti umani dell’Onu, ufficializzata domenica scorsa.
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