Sulle violenze palestiniste sulla spianata del Monte del Tempio pubblichiamo il commento di Deborah Fait e l'opinione di Fiamma Nirenstein nella conversazione con Massimo Bordin, in altre pagine.
Qui ci interessa mettere a confronto due cronache, quella di Federica Zoja su AVVENIRE di oggi 19/09/2015 a pag.14 e quella di Michele Giorgio sul MANIFESTO a pag.10.
Potremmo chiamarle l'interpretazione "catto-comunista" della vicenda tanto si assomigliano.
Invece di raccontare la verità, scrivere che l'esercito israeliano è stato impegnato a difendere gli ebrei che volevano celebrare nel luogo più sacro all'ebraismo, il Muro Occidentale ( Kotel ) la festività di Rosh Hashana, attaccati da palestinisti in possesso di ogni tipo di arma, dalle pietre fino alle bombe Molotov, entrambe le cronache hanno invece evidenziato la versione palestinista, quasi la riproduzione di una velina firmata Abu Mazen.
Lasciamo ai nostri lettori la fatica del confronto, ci limitiamo a sottolineare la telefonata tra Abu Mazen e Papa Francesco per come è stata riferita sul quotidiano cattolico. Che il Papa continui a ritenere il presidente dell'Anp "uomo della pace" ci pare l'aspetto più grave a preoccupante di tutta la vicenda, l'esatto contrario della verità.
Abu Mazen, angelo della pace ?
polizia israeliana davanti a una moschea
Ecco le due cronache:
Avvenire-Federica Zoja: " Gerusalemme, esplode la rabbia"
Federica Zoja
E' alta tensione a Gerusalemme e in Cisgiordania dopo gli scontri fra manifestanti palestinesi e forze dell'ordine israeliane verificatisi nel cuore della città santa lo scorso fine settimana, a seguito della decisione del ministro della Difesa Moshe Yàalon di chiudere l'area del Monte del Tempio (la Spianata delle moschee per i musulmani )ai gruppi di attivisti musulmani al-Mourabitun per consentire la visita ai fedeli ebrei in occasione del Rosh Hashanah (il capodanno ebraico).
Ieri, "Giornata della rabbia" convocata dalla dirigenza di Hamas, i segnali sul terreno sono stati tutti a tinte fosche. In previsione di nuovi disordini in prossimità della moschea di al-Aqsa, sulla Spianata, in coincidenza della preghiera islamica del venerdl, la polizia israeliana ha schierato complessivamente 4.500 agenti (800 di fronte alle moschee) e consentito l'accesso solo agli uomini al di sopra dei 40 anni. Poi, è stato disposto il richiamo in servirlo dei riservisti della Guardia di frontiera, un centinaio fra ufficiali e agenti. Dapprima, le autorità israeliane hanno riferito un quadro di sostanziale calma, con la partecipazione composta di 10mila fedeli musulmani alla khutba (preghiera del venenil). Con il passare delle ore, però, sono esplosi focolai anche di grave entità, soprattutto a Gerusalemme Est: nel rione Armon ha- Natziv, 4 agenti sono rimasti feriti dal lancio di bottiglie molotov e pietre. Decine i dimostranti feriti, secondo fonti palestinesi: tre sarebbero gravi, colpiti da proiettili di gomma
Altri scontri fra dimostranti e polizia sono avvenuti a Ras el-Amud, sul monte Scopus, nel campo profughi di Shuafat e al valico di Qalandya, sulla strada per Ramailah. Tre dimostranti sono rimasti feriti a Hebron e Kafr Qaddum, località in cui l'esercito ha fatto ricorso ai lacrimogeni. A un posto di blocco, un giovane palestinese di 26 anni sarebbe stato ferito gravemente da colpi di arma da fuoco. In Cisgiordania, cortei di sostegno alla moschea di al-Agsa sono stati organizzati a Betlemme, TUlkarem, Ramallah, Nablus. In tarda serata un razzo lanciato da Gaza è caduto a Sderot, nel sud di Israele senza causare vittime. Più tardi il sistema di difesa israeliano Iran Dome ha intercettato un secondo razzo lanciato da Gaza e diretto ad Ashkelon. Di fronte al peggiorare del contesto, i due rabbini capo di Israele - David Lau eYitzhakYosef - hanno rivolto un appello ai leader religiosi islamici e di altre religioni, sottolineando la necessità di «lavorare insieme per arrestare immediatamente la violenza a Gerusalemme e nei suoi dintorni» e pre-venire «incidenti nei luoghi santi che sono solo per la preghiera». In serata militari israeliani hanno fermato il premier palestinese Rami Hamdallah all'ingresso di Gerusalemme, diretto alla moschea di al-Agsa L'ordine sarebbe giunto da Netanyahu. La nuova ondata di violenze è stata al centro dei colloqui fra re Abdullah II di Giordania e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, da cui sarebbe emersa «l'importanza di un coordinamento arabo-musulmano più stretto e a vari livelli». E di Gerusalemme hanno discusso al telefono anche il presidente dell'Anp, Abu Mazen, e papa Francesco, prima della visita del Pontefice nel continente americano. Abu Mazen, secondo l'agenzia palestinese Wafa, ha riferito al Papa il suo timore che «il conflitto in corso si trasformi in un conflitto religioso», mentre papa Francesco si sarebbe detto «preoccupato per la situazione a Gerusalemme», definendo il presidente dell'Anp «un uomo che lavora per la pace» e aggiungendo l'intenzione di parlarne «con i responsabili statunitensi della questione».
Il Manifesto-Michele Giorgio: " Palestinesi demonizzati"
Michele Giorgio
La tensione è stata forte anche ieri a Gerusalemme Est e nei sobborghi palestinesi vicini alla città. Decine i feriti, tra i quali tre poliziotti. Soprattutto in Cisgiordania dove oltre ai feriti da proiettili rivestiti di gomma e calibro 22, parecchi dimostranti palestinesi sono rimasti intossicati dai lacrimogeni. A Qalandiya, Kue Qaddum, Bilin, Hebron e altre località centinaia di giovani hanno affrontato i soldati per ore. A Gerusalemme 5000 mila poliziotti - la Knesset ha autorizzato l'impiego anche dei riservisti della Guardia di Frontiera - hanno blindato la città vecchia e impedito ai fedeli musulmani con meno di 40 anni l'accesso alla Spianata delle moschee. All'intemo delle mura antiche i poliziotti hanno bloccato sul nascere, non mancando di pestare alcuni giovani, ogni accenno di protesta. La "giornata di rabbia" ha visto ieri sera un razzo sparato da Gaza (forse da gruppi salafiti) colpire la cittadina israeliana di Sderot, dove ha causato danni a un bus e alcune auto ma non alle persone (la scorsa notte si attendeva la risposta israeliana). Tuttavia, nonostante le parole grosse e i toni da guerra usati dalle autorità israeliane, la contestazione palestinese per le "visite" sulla Spianata di coloro che sono descritti dal governo Netanyahu come "gruppi di turisti ebrei" (in realtà sono attivisti della destra che reclamano la sovranità sul biblico Monte del Tempio) non ha affatto toccato livelli mai raggiunti, anzi. E' ancora vivo il ricordo delle manifestazioni di un anno fa, con scontri senza sosta tra centinaia di shebab palestinesi e polizia, andate avanti per settimane dopo che alcuni israeliani, per vendicare l'uccisione di tre ragazzi ebrei in Cisgiordania, bruciarono vivo l'adolescente Mohammed Abu Khdeir, e in risposta all'operazione militare "Margine Protettivo" contro Gaza. A Gerusalemme ci fu anche quella che i media israeliani chiamarono "l'Intifada delle auto" - lanciate in corsa da palestinesi contro fermate d'autobus e del tram - che causò alcune vittime. Certo, il clima è torrido, ma tra ciò che registriamo in questi giorni e la situazione di un anno fa la differenza è enorme. Perchè il governo israeliano, i media e l'opposizione laburista dipingono un quadro da Terza Intifada? Perchè i lanci di pietre sono descritti come "attacchi armati" da punire con il massimo della severità? Le pietre scagliate dai palestinesi, sin dalla prima Intifada contro l'occupazione israeliana, hanno causato vittime anche negli anni passati, non solo in questi ultimi giorni. Gli stessi capi dei servizi di sicurezza e i comandi militari ripetono che non è in corso una nuova rivolta. La sensazione è che la guerra proclamata dal governo Netanyahu alla "violenza palestinese", le accuse di incediare la situazione rivolte al presidente dell'Anp Abu Mazen e i toni apocalittici usati per descrivere Gerusalemme Est in questi giorni, siano figli anche di ragioni di opportunità politica e dei rapporti difficili tra il governo israeliano e l'Amministrazione Obama dopo la firma dell'accordo di Vienna che ha riconosciuto il programma nucleare iraniano. Senza dimenticare le tensioni con Bruxelles, a cominciare dalla fermezza, che Israele non si aspettava, con cui l'Ue pare decisa a "escludere" le colonie ebraiche in Cisgiordania dai rapporti commerciali firmati con Tel Aviv. Il primo ministro Netanyahu chiede di più delle armi promesse da Washington per digerire le intese di Vienna. Vuole che la questione dello Stato di Palestina sia archiviata, vuole che le colonie israeliane siano riconosciute. La demonizzazione dei palestinesi è un passaggio fondamentale per ottenerlo.
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