Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/09/2015, a pag. 2, con il titolo "I profughi ospitati a Buchenwald e la necessità di insegnare l'Olocausto ai nuovi arrivati", il commento di Danilo Taino.
Danilo Taino
Un cumulo di cadaveri a Buchenwald
«Jedem das seine» è la scritta all’ingresso del campo di concentramento di Buchenwald: «A ciascuno il suo». In questi giorni, i dormitori (demoliti e rifatti) che un tempo ospitarono le SS a guardia dei prigionieri di quel lager ospitano 21 rifugiati maschi, in fuga dal Medio Oriente e dal Corno d’Africa, in attesa di ricevere l’asilo in Germania. La notizia l’ha lanciata tre giorni fa il quotidiano britannico Daily Mail .
Il fatto, però, non era stato tenuto nascosto. In gennaio, le autorità locali avevano annunciato la decisione di usare quegli spazi per scopi umanitari. Tanto che, al tempo, il settimanale Spiegel aveva citato una attivista per i diritti dei profughi per dire che l’idea era «allarmante e sconcertante, come minimo insensibile». In realtà, finora la soluzione logistica non ha sollevato grandi proteste in Germania. Sensibilità a parte, non provoca scandalo. Non solo perché l’emergenza creata dalla grande massa di immigrati in arrivo richiede soluzioni organizzative di ogni tipo. Non solo perché i 21 uomini che vivono nelle case prefabbricate – letti a castello, cucina, televisore – si dicono soddisfatti della sistemazione provvisoria. Ma anche perché - forse soprattutto – questo è un altro segno di cosa non sia più la Germania oggi: là dove prigionieri e rifugiati furono uccisi a migliaia tra patimenti ed esperimenti su cavie umane, oggi i profughi vengono ospitati in attesa di asilo.
La sinistra scritta sulla cancellata di Buchenwald: "A ciascuno il suo"
Non un’offesa alla memoria: il superamento, semmai, della memoria come museo. Il segno, per altri versi, che la Germania la sua vergogna storica non vuole più nasconderla: la riconosce come parte di se stessa. Se nella scelta di fare di Buchenwald un rifugio si vuole proprio trovare un segno (e non è detto che in ogni decisione ce ne sia uno) quello non è un supposto cinismo tedesco ma il suo ribaltamento in senso umanitario. Piuttosto, il fatto che alcuni dei 21 uomini alloggiati a Buchenwald non sappiano bene cosa sia quel campo di concentramento e pare abbiano una nozione vaga dell’Olocausto indica che l’Europa e la Germania avranno parecchio da fare nei prossimi anni.
Ieri, in un’intervista alla Welt am Sonntag il leader dei Verdi tedeschi Cem Özdemir (di origini turche) ha detto che, tra le altre cose, occorrerà insegnare ai nuovi arrivati cosa è stata la Shoah e quanto sia centrale nella Germania d’oggi. «Non abbiamo bisogno di un Islam turco o arabo – ha sostenuto – Ma di un Islam europeo». Si può anche partire spiegando quell’immondo «A ciascuno il suo».
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