IC7 - Il commento di Enrico Fubini
Dal 9 al 15 agosto 2015
Israele: una nuova idea di società?
Reuven Rivlin, Presidente dello Stato di Israele
Estate calda in Israele anzi quasi torrida! L’accordo con l’Iran, gli attentati, gli scandali finanziari, i rapporti con gli Stati Uniti ed altro ancora hanno riempito i giornali e i telegiornali e difficilmente si potrebbe dire ancora qualcosa di nuovo e d’interessante in proposito.
Il guaio è che spesso questi eventi di grande portata nazionale e internazionale tendono ad oscurare e mettere in secondo piano fatti meno vistosi dal punto di vista giornalistico, ma non meno importanti, come ad esempio le grandi trasformazioni della società israeliana in questi ultimi tempi. L’attenzione della diaspora è concentrata soprattutto sul conflitto con i palestinesi ritenendo che questo sia il problema chiave della società e della politica israeliana; ma se si guarda alle recenti elezioni non si può non rimanere sorpresi dal fatto che i partiti abbiano dedicato ben poca attenzione ai palestinesi e si siano piuttosto soffermati sui problemi ritenuti più pressanti di politica interna, di natura economica e sociale quali il caro vita, gli squilibri economici tra poveri e ricchi, lo sviluppo delle aree depresse del paese, lo sfruttamento delle riserve di gas naturale ecc.
Per quanto riguarda il complesso e complicato problema palestinese dopo tanti anni d’inutili trattative che non hanno mai approdato a nulla si è diffusa la sensazione che per il momento il problema sia pressoché insolubile e forse sia meglio, tutto sommato, rimandarlo a tempi migliori. Nel frattempo la società israeliana non ha atteso la soluzione dei grandi problemi di sempre e sta subendo profonde trasformazioni che a loro volta influenzeranno senza dubbio i problemi politici del paese. Le vecchie divisioni tra laici e religiosi, tra askenaziti e sefarditi, tra sionisti e non sionisti, tra “coloni” e cittadini che vivono entro la linea verde, tra maggioranza e minoranze, sono tutte da rivedere e da ripensare.
Ad esempio, la spaccatura tra laici e religiosi che anni or sono sembrava minare addirittura le fondamenta della società oggi è alquanto impallidita. Giorni fa una ricerca sul Jerusalem Post indicava che molti laici alla ricerca delle radici della loro identità ebraica frequentano con assiduità corsi di studio sull’ebraismo e in famiglia, pur senza rinnegare il loro laicismo di fondo, cercano di far rivivere alcune tradizioni e obblighi propri dell’ebraismo religioso. Dall’altra percentuali sempre maggiori di haredim lavorano ormai fuori dal loro mondo e molti tra loro fanno il servizio militare, magari come servizio civile. In tal modo essi si trovano a contatto con una società diversa dalla loro e sono portati a condividere almeno in parte i valori del sionismo verso cui erano stati molto tiepidi e del mondo laico e liberale da cui si erano autoesclusi.
Un analogo discorso si potrebbe fare per gli arabi israeliani. Anche se pochi sono attratti dalle sirene dell’ISIS, la grande maggioranza è più integrata di un tempo nella società israeliana, e percentuali sempre più ampie tra loro fanno se non il servizio militare vero e proprio, almeno il servizio civile partecipando così in modo attivo alla vita dello Stato d’Israele. Reuven Rivlin, l’illuminato Presidente dello Stato, in un recente discorso poneva l’accento su queste grandi trasformazioni in atto nella società israeliana e affermava che oggi non si può più parlare di maggioranza e di minoranze. Osservava ancora che oggi in Israele vi sono per così dire quattro tribù e l’antica maggioranza laica e sionista non esiste più! Le antiche divisioni tra maggioranza e minoranza si sono alquanto attenuate, sostituite dalle quattro tribù, sempre più simili tra loro per dimensioni: sionisti laici, sionisti religiosi, haredim e arabi. Il problema chiave, aggiunge Rivlin, è che le quattro tribù trovino un senso alla loro coesistenza fondato sulla collaborazione ai fondamentali obbiettivi su cui si regge il futuro del Paese come stato ebraico e democratico pur senza rinunciare “agli elementi basilari della loro identità”.
Abbandonato il vecchio ideale di ‘maggioranza’ si deve prendere atto dell’eterogeneità della società ma come fonte di valori più articolati, come offerta di “un’enorme opportunità” che racchiude “ricchezza culturale, ispirazione, umanità e sensibilità”, piuttosto che settarismo e separatismo. Le indicazioni di Rivlin devono farci riflettere e capire come le grandi trasformazioni in atto nella società israeliana debbano essere fonte di nuove prospettive anche sul piano politico capaci di suggerire trasformazioni e mutamenti di visione rispetto alle sfide interne ed esterne di fronte a cui si troverà Israele in un prossimo futuro.
Enrico Fubini, Storia della musica e musicologia - Università di Torino