Riprendiamo da STAMPA e CORRIERE della SERA di oggi, 09/08/2015, due servizi suelle reazioni degli ebrei americani all'Accordo di Vienna.
La Stampa-Paolo Mastrolilli: "E' scontro aperto tra Obama e la più potente lobby ebraica"
Paolo Mastrolilli
La disputa sull’accordo nucleare con l’Iran rischia di provocare una spaccatura profonda e di lungo termine fra la Casa Bianca e l’Aipac, il principale gruppo di sostegno per Israele negli Stati Uniti. A scriverlo è il New York Times, dopo la decisione del senatore democratico Charles Schumer di votare contro l’intesa. L’American Israel Public Affairs Committee è stato fondato nel 1951, e il Times lo definisce come «il più potente gruppo di lobbying» a favore dello Stato ebraico. Obama lo accusa di essersi mobilitato per spingere il Congresso a bocciare l’accordo, investendo milioni di dollari in pubblicità negativa, diffondendo informazioni non corrette, e facendo pressioni dirette sui parlamentari, come i sessanta attivisti mandati proprio nell’ufficio di Schumer per convincerlo a votare contro. Ora l’ala liberal democratica è infuriata col senatore ebreo di New York, e minaccia vendetta, mettendo in discussione il suo diritto di candidarsi come prossimo leader del Partito alla Camera alta. Julie Hirschfeld Davis del Times ha ricostruito alcuni retroscena che spiegano bene le tensioni. Quando era tornato dall’Africa, Obama aveva saputo della mobilitazione dell’Aipac, e aveva invitato il gruppo alla Casa Bianca per rispondere alle sue preoccupazioni. L’invito era stato rifiutato, ma in cambio l’Aipac aveva detto che l’amministrazione poteva mandare i suoi rappresentanti nell’hotel di Washington dove si erano radunati 700 attivisti. Obama aveva inviato la negoziatrice Wendy Sherman e il capo di gabinetto McDonough, che avevano potuto fare solo la loro presentazione ma non ricevere domande. Il presidente si era offeso e aveva incontrato alla Casa Bianca due leader dell’Aipac, informandoli che avrebbe reagito. Il giorno dopo aveva tenuto il discorso all’American University, in cui aveva accusato la stessa lobby che aveva voluto la guerra in Iraq di boicottare l’accordo con l’Iran, lasciando come unica alternativa un’altra guerra. Non aveva citato l’Aipac, ma chi doveva capire ha capito. La Casa Bianca ha detto al Times che si tratta solo di una discussione in famiglia, non una rottura, ma il voto al Congresso sull’accordo nucleare diventa ora una sfida epocale piena di conseguenze.
Corriere della Sera-Massimo Gaggi:"Schumer, il senatore del NO in notturna
Massimo Gaggi Chuck Schumer
Più ancora del «no» di Chuck Schumer all'accordo con l'Iran sul nucleare, a far infuriare la Casa Bianca è stato il modo nel quale l'influente senatore democratico, un ebreo eletto a New York, l'ha comunicato. Non tanto l'ora scelta: le dieci di sera di giovedì, durante il dibattito repubblicano di Cleveland. Schumer ha cercato di togliere visibilità a una decisione che deve essere stata, per lui, assai sofferta. A preoccupare il team di Obama è la scelta di Schumer di uscire allo scoperto con oltre un mese d'anticipo, visto che II Congresso voterà a ridosso della scadenza del 16 settembre. Obama ha fatto di tutto per convincere il senatore che quella siglata a Vienna è la migliore Intesa possibile. II parlamentare è stato varie volte alla Casa Bianca, gli esperti del governo hanno risposto per ore a centinaia di richieste di chiarimenti. Ma Il presidente sapeva che Schumer, eletto a New York da una base «liberal» sostanzialmente favorevole all'intesa con Teheran, ha fortissimi legami col mondo ebraico. E l'Aipac, la «superlobby» contraria all'accordo, l'ha letteralmente messo sotto assedio inviando ben 6o attivisti nel suo ufficio. La sua defezione su un nodo così delicato ci poteva anche stare. Schumer, però, non è un senatore qualunque: tra un anno, col ritiro di Harry Reid, dovrebbe diventare íl leader dei democratici al Congresso. Si possono affidare le chiavi del gruppo parlamentare a un leader che volta le spalle al suo presidente su uno degli atti più importanti del suo mandato? Anche se qualche ex del team Obama ora accenna a una riconsiderazione della questione leadership, i precedenti non mancano. Basti pensare a quello recentissimo del Tpp, II via libera al trattato di libero scambio col Paesi asiatici, osteggiato anche da Nancy Pelosi, capo dei democratici alla Camera. Ma la differenza sta proprio qui: la Pelosi annunciò la sua scelta all'ultimo momento, lasciando a Obama il tempo di fare campagna tra gli altri deputati. La sortita anticipata di Schumer rende più difficile II lavoro di «reclutamento» della Casa Bianca. Che, al momento, minimizza: solo 7 deputati e 5 senatori democratici hanno detto che non sosterranno l'accordo. Ma l'obiettivo di mettere insieme una «minoranza di blocco» di 40 senatori sta svanendo. II Congresso voterà contro l'accordo, costringendo Obama a usare il suo potere di veto. Per difendere II quale avrà bisogno di almeno 34 senatori. A oggi i numeri sono dalla sua parte, ma la volata è lunga e la pressione della «lobby» ebraica in Congresso è fortissima.
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