Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/08/2015, a pag. 16, con il titolo "Il ruolo italiano in Iran: 'Daremo assicurazioni a israeliani e sauditi' ", la cronaca di Maurizio Caprara.
Non è chiaro quali siano le "assicurazioni" che i ministri Gentiloni e Guidi promettono di dare a Israele e a tutto il Medio Oriente contro l'espansionismo iraniano, che si fa forte del sostegno diretto a numerose compagnini terroriste, a partire da Hamas e Hezbollah. Per ora, l'unica certezza è che l'Occidente ha concesso al feroce regime di Teheran di dotarsi di armi atomiche nel breve periodo, e di godere di nuove cospicue risorse con la cancellazione delle sanzioni.
Ecco l'articolo:
Maurizio Caprara
I ministri Paolo Gentiloni e Federica Guidi (debitamente incappucciata) incontrano Hassan Rouhani
Nella Repubblica islamica d’Iran dall’economia tuttora fiaccata dalle sanzioni, la notte a Teheran gli alberi del boulevard Keshavarz sono illuminati da luci che cambiano colore alle foglie di minuto in minuto, come negli emirati ricchi del Golfo e in città occidentali. L’abbondanza di energia risparmia alcune austerità al Paese considerato il quarto al mondo per riserve di petrolio e il terzo nella produzione di gas. Nella capitale di questo Stato al quale stime del decennio scorso attribuivano quasi un cittadino su cinque sotto la soglia di povertà, molte strade sono più pulite di parti pregiate del centro di Roma. A dispetto della mestizia associata dagli occidentali al nero dei chador o all’obbligo imposto alle donne di coprire i capelli almeno con i foulard chiamati hejab , appaiono genuini, allegramente chiassosi, gli applausi riservati da signore e ragazze con teste più o meno coperte ai cantanti di turno in un ristorante dallo stile datato, il Bagh e Sabah.
Italia e Iran
Non che sia evaporato l’impianto teocratico della Repubblica fondata dall’ayatollah Ruollah Khomeini. Per punire quelle che vengono giudicate infrazioni ai dettami religiosi la polizia morale esiste sempre, benché sembri muoversi con maggior discrezione. La repressione per motivi politici non manca. Però l’Iran è patria di contraddizioni. Ed è agendo negli interstizi tra le contraddizioni del Medio Oriente di adesso che l’Italia, abituata a convivere con i propri elementi contraddittori, si prefigge di sviluppare i rapporti con la Repubblica islamica e di ricavarsi un ruolo internazionale dopo l’accordo raggiunto sull’energia nucleare il 14 luglio da questo Paese con il «5+1», ossia i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu — Usa, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia — più la Germania. Con una visita a Teheran terminata ieri dai ministri degli Esteri Paolo Gentiloni e dello Sviluppo economico Federica Guidi, accompagnati da nomi di rilievo nell’economia italiana, il governo di Matteo Renzi ha confermato di riconoscere all’Iran il ruolo di potenza regionale rivendicato dalla Repubblica islamica.
Oltre a cercare affari per quando si disattiveranno le sanzioni internazionali dovute ai piani nucleari precedenti, anzi nel cercare affari, la diplomazia italiana ha delineato un proprio possibile contributo a una sorta di operazione rassicurazione verso Stati mediorientali turbati da quell’accordo. L’intesa di luglio prevede lo smantellamento di due terzi delle 19 mila centrifughe iraniane adatte ad arricchire uranio e altre misure volte a impedire la costruzione di bombe atomiche. Per essere realizzato, l’accordo ha davanti a sé numerose prove. Presto, gli esami parlamentari nel Congresso statunitense e nel Majlis iraniano. D’ora in poi, le mosse di vicini preoccupati dall’intesa, a cominciare dal governo d’Israele e dal Regno saudita, contrari a un aumento del peso dell’Iran negli equilibri geopolitici della regione.
Le proposte di pace dell'Iran
A nome di Renzi ieri Gentiloni ha invitato in Italia il promotore iraniano del compromesso sul nucleare, il pragmatico presidente della Repubblica Hassan Rouhani. Domani a Roma il titolare della Farnesina riceverà il ministro degli Esteri saudita Adel Al Jubeir. «Dobbiamo lavorare per rassicurare chi critica l’accordo, Israele e Arabia Saudita innanzitutto», ha detto Gentiloni. Per rassicurare non bastano parole. Sia a Gerusalemme sia a Riad si aspettano dagli Usa, quanto meno, nuovi armamenti. Con il collega iraniano Mohammad Javad Zarif martedì il titolare della Farnesina ha affrontato riservatamente uno dei punti fragili nella stabilità del Medio Oriente: la paralisi che da oltre un anno blocca la scelta del prossimo presidente del Libano, un cristiano secondo la ripartizione precedente. Nella partita libanese Iran e Arabia Saudita contano. Qualora saltasse l’inquieta convivenza pacifica tra le varie anime etniche e religiose a Beirut, Israele ne risentirebbe. In estate saranno separatamente in Italia il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente Reuven Rivlin. Benché rassicurare sia un’ardua scommessa dai tempi lunghi, l’Italia parla spesso alle parti in contrasto. Nella Teheran che ha chiamato gli Usa il «Grande Satana», Gentiloni ha incontrato in Zarif un iraniano che avendo alle spalle cinque anni a New York da ambasciatore all’Onu conosce gli Stati Uniti più di tanti europei. Tra i due c’è stata sintonia nel valutare che adesso in Siria conviene resti presidente Bashar Assad, insidiato dai miliziani del Califfato: l’autoproclamato Stato islamico trarrebbe vantaggi da un vuoto di potere a Damasco dal quale deriverebbe lo sfarinamento delle forze armate.
La questione presidenza andrebbe affrontata più avanti. A Teheran c’erano tra gli altri gli amministratori delegati dell’Eni Carlo Descalzi, di Finmeccanica Mauro Moretti, della Cassa depositi e prestiti Fabio Gallia, della Sace Alessandro Castellano. Il profilo politico ed economico della missione è stata apprezzato dagli iraniani, così la linea indicata da Federica Guidi di «non cercare solo accessi al mercato, ma impegni di lunga durata». È nel partecipare alla costruzione di infrastrutture e sistemi di produzione, imprese di anni con successive assistenze, che il governo italiano vuole fronteggiare la concorrenza straniera e superare il miliardo e cento milioni di esportazioni del 2014. Perché restiamo nell’Unione Europea il secondo fornitore dell’Iran, ma senza sanzioni eravamo primo partner commerciale europeo.
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