Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 03/08/2015, a pag. 12-13, con il titolo "Attacco al Gay Pride, muore 16enne. Netanyahu: 'Ora arresti preventivi' " e "Hanno ucciso la nostra Shira solo perché era felice", due servizi di Alberto Flores D'Arcais, al quale facciamo i complimenti per la sensibilità e la precisione. Gli articoli sono preceduti dalle dichiarazioni del Premier israeliano Benjamin Netanyahu e del sindaco di Gerusalemme Nir Barkat, che traduciamo in italiano:
Benjamin Netanyahu
Queste sono le parole che Netanyahu ha rivolto ai genitori di Shira Banki, uccisa da un ebreo ultraortodosso durante il Gay Pride di Gerusalemme: "Shira è stata uccisa perché sosteneva il principio secondo cui ciascuno ha il diritto di vivere una vita in dignità e in sicurezza". E ha continuato: "Non permetteremo all'assassino di mettere a repentaglio i valori fondamentali su cui si fonda la società israeliana. Siamo disgustati di fronte a questo tentativo di imporre odio e violenza e lo condanniamo: l'assassino sarà condotto di fronte alla giustizia".
Nir Barkat
Anche il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat si è rivolto alla famiglia Banki: "L'omicidio al Gay Pride di Gerusalemme è un crimine, ma l'obiettivo del killer non verrà raggiunto: continueremo a concedere totale libertà di espressione per chiunque, a Gerusalemme, continueremo a sostenere tutti i gruppi e le comunità LGBT, a partire da Open House. Continueremo a educare alla tolleranza e all'accettazione dell'altro".
La famiglia Banki ha deciso di procedere alla donazione degli organi di Shira.
Ecco gli articoli:
Shira Banki
"Attacco al Gay Pride, muore 16enne. Netanyahu: 'Ora arresti preventivi' "
Alberto Flores D'Arcais
Dalle parole ai fatti. Dopo l’annuncio della morte della ragazza di 16 anni accoltellata al Gay Pride, il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è trovato — per la terza volta in pochi giorni — a condannare «l’ennesimo delitto con cui si tenta di minare i valori fondamentali della società israeliana». Sotto la spinta del ministro della Difesa Moshe Ya’alon, il governo di Gerusalemme ha deciso ieri di usare la mano dura contro gli estremisti ebrei e le frange religioso-messianiche che lo stesso primo ministro ha qualificato “terroristi”. Yishai Schlissel, il fanatico accoltellatore, si rifiuta di riconoscere “l’autorità del tribunale di Israele” ed è questa un’altra sfida che il mondo ultra-ortodosso (i loro rabbini invitano da sempre i giovani a rifiutare il servizio militare) lancia al governo della destra.
Che oltre che col “terrorismo ebraico” deve continuare a fare i conti con le proteste che incendiano i Territori palestinesi dopo l’assassinio del piccolo di 18 mesi Ali, bruciato vivo in un villaggio palestinese (con i genitori e il fratellino ancora in condizioni critiche). Gli scontri più violenti si sono avuti davanti alla moschea di Al Aqsa, nella Città vecchia della capitale, quando gruppi di giovani palestinesi col volto coperto hanno iniziato a lanciare sassi e altri oggetti contro le forze di polizia che da giorni presidiano i punti nevralgici di Gerusalemme. Ieri Moshe Ya’alon ha autorizzato la “detenzione amministrativa” contro i leader dei gruppi dell’estrema destra ebraica e per i militanti sospettati di farne attivamente parte. Nei loro confronti verranno applicate (cosa che finora non era mai stata fatta) le stesse procedure di sicurezza adottate contro i palestinesi sospettati di compiere attacchi terroristici. E alla riunione settimanale dell’esecutivo Netanyahu ha ribadito la nuova linea contro gli estremisti: “tolleranza zero”.
"Hanno ucciso la nostra Shira solo perché era felice"
Shira Banki
Aveva sedici anni e da tre giorni lottava contro la morte in ospedale. Alla fine quelle profonde ferite, le terribili coltellate che giovedì scorso un ebreo ultra-ortodosso le aveva inflitto solo perché sfilava (insieme ad altre migliaia di persone) al Gay Pride di Gerusalemme hanno avuto la meglio e Shira Banki è morta, ennesima vittima dell’odio religioso-messianico che sta insanguinando l’estate di Israele e scatenato un’onda di indignazione e proteste. «Shira è stata assassinata perché stava coraggiosamente sostenendo il principio che ogni persona ha il diritto di vivere la propria vita con dignità e nella sicurezza», il messaggio che il premier Benjamin Netanyahu ha inviato ai familiari della ragazza.
Ad annunciare la morte di Shira è stata (per bocca della portavoce Luba Samri) la polizia di Gerusalemme, duramente criticata nei giorni scorsi per avere permesso a Yishai Schlissel (l’assalitore) di avvicinarsi alla manifestazione. Lui, che dieci anni prima aveva già accoltellato altre cinque persone a allo sfilata dell’orgoglio omosessuale nel 2005 (sempre nella Città Santa) ed era uscito da pochi giorni di prigione dopo avere scontato dieci anni per tentato omicidio. La ragazza era una studentessa di liceo (Hebrew University High School di Gerusalemme) e aveva deciso di partecipare al Gay Pride per solidarietà con alcuni suoi amici militanti nel movimento LGBT.
«La nostra magica Shira è stata barbaramente assassinata perché era una ragazza felice di sedici anni, piena di amore e di vitalità, scesa in una strada di Gerusalemme per appoggiare la lotta dei suoi amici. Per nessuna altra ragione che non sia il male, l’odio, la stupidità e la negligenza la vita del nostro bellissimo fiore è stata definitivamente recisa. Terribili cose accadono alle persone per bene, una cosa terribile è capitata alla nostra incredibile ragazza». Questo il comunicato che la famiglia (i genitori e altri tre figli) ha voluto rendere pubblico subito dopo la notizia della morte di Shira, insieme ad un altro annuncio: quello della decisione di donare gli organi della ragazza assassinata «a chiunque ne abbia bisogno».
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