Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/08/2015, a pag.14, con il titolo " Intesa con l'Iran, scontro tra gli ebrei d'America ", il commento di Massimo Gaggi.
Gli ebrei americani vivono in una democrazia che ha sempre saputo come integrare gli immigrati, soprattutto quelli che arrivavano non con i soldi ma con alle spalle un cultura che ne ha facilito l'inserimento. Gli ebrei fra questi.
Che poi molti si siano anche assimilati è un fatto da valutare seriamente, visto che almeno il 30% degli ebrei americani non è mai stato in Israele. Il che spiega la collocazione politica da un lato e dall'altro la poca o nessuna conoscenza dei problemi che lo Stato ebraico deve affrontare, la quasi automatica obbediena alla politica estera di Obama.
E' vero che sarà difficile che il Congresso riesca ad avere i due terzi per bloccare l'Accordo di Vienna, ma Israele questa battaglia la giocherà comunque. E non detto che debba perderla.
Ecco l'articolo:
Il momento della verità al Congresso sull'accordo nucleare con l'Iran arriverà solo a settembre e Barack Obama con ogni probabilità riuscirà a spuntarla: le Camere a maggioranza repubblicana bocceranno l'intesa, il presidente porrà il veto e il Parlamento non riuscirà a mettere insieme la maggioranza dei due terzi necessaria per annullare l'atto della Casa Bianca.
Eppure la battaglia già infuria da settimane, con le organizzazioni favorevoli e contrarie all'intesa che spendono decine di milioni di dollari per tirare acqua al proprio mulino con spot e pubblicità sui giornali. In prima fila c'è lo stesso Obama che stavolta non vuole correre il rischio di sottovalutare le difficoltà: l'altro giorno, ad Addis Abeba, ha dedicato metà della conferenza stampa ad attaccare i repubblicani accusati di demonizzare con argomenti inesistenti e un linguaggio assurdo (Ted Cruz ha parlato di nuovo olocausto) un'intesa «che è apprezzata dal 99 per cento del mondo, è stata negoziata anche da tecnici competenti e ha l'approvazione dei più autorevoli esperti dei due fronti politici, da Brent Scowcroft a Sam Nunn». Tanta insistenza e determinazione si spiega soprattutto col desiderio di convincere la comunità ebraica americana, numerosa, ricca ed estremamente influente anche in Israele, che stavolta non sembra affatto allineata col premier Netanyahu, ferocemente contrario all'accordo nucleare.
Gli ebrei d'America sono divisi e ieri il Financial Times, facendo la media tra i sondaggi, ha sostenuto che una maggioranza abbastanza ampia della comunità considera l'intesa positiva, anche se il patto ha evidenti punti deboli.
L'Aipac, la potente dobby» degli ebrei conservatori, e la Republican Jewish Coalition, gli ebrei che si riconoscono nel partito della destra, stanno spendendo cifre enormi per presentare l'accordo come una trappola degli «ayatollah) , ma molti ebrei moderati non vogliono finire nello scontro democratici-repubblicani e si sono convinti che le alternative sono peggiori di questo accordo.
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