Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/08/2015, a pag. 13, con il titolo "Bibbia e fucili sulle colline, la trincea dei coloni ultrà", l'analisi di Davide Frattini; da LIBERO, a pag. 1-13, con il titolo "Israele punirà i coloni assassini (quel che non fanno i palestinesi)", l'analisi di Carlo Panella.
Ecco gli articoli:
Estremisti dell'organizzazione "Price Tag"
CORRIERE della SERA - Davide Frattini: "Bibbia e fucili sulle colline, la trincea dei coloni ultrà"
Davide Frattini
Il campeggio estivo ammette solo ragazze. Quattro giorni — senza acqua corrente e senza elettricità — per imparare a sopravvivere in quello che per queste adolescenti è il far west biblico. Corsi di autodifesa, istruzioni su come costruirsi un riparo temporaneo o coltivare qualche vegetale. Esposte al vento della Cisgiordania e alla forza dell’ideologia: perché per resistere lassù — ripetono i loro leader — bisogna credere. Credere che la terra d’Israele, tutta la terra della Grande Israele, vada popolata e difesa. Hanno sedici anni o poco più e vengono chiamati «i giovani delle colline» o «i ragazzi del Lego», sono capaci di tirar su un avamposto in una notte (prefabbricati semplici da mettere insieme quanto i mattoncini dei bambini) e di lottare mesi per impedire alle ruspe dell’esercito israeliano di abbattere quelle baracche che per loro rappresentano una patria più che una casa.
Pochi giorni fa si sono asserragliati a Beit El dopo che la Corte Suprema ha ordinato di demolire due edifici costruiti su terra privata palestinese, un’operazione che ha rischiato di demolire anche il governo di Benjamin Netanyahu. Ayelet Shaked, la ministra della Giustizia e volto laico nel partito dei coloni, ha minacciato di togliere ai giudici il potere di decidere il destino delle costruzioni in Cisgiordania, mentre il suo capo Naftali Bennett è andato a tenere un discorso da uno dei tetti destinato a crollare. Gli scontri dei giovani estremisti ebrei con l’esercito e la polizia fanno scrivere ad Asher Schechter sul quotidiano Haaretz che «Israele non potrà mai ritirarsi dalla Cisgiordania», districarsi dai territori e dalle pressioni dei coloni come riuscì ad Ariel Sharon con l’evacuazione di Gaza dieci anni fa. «Da allora la destra è ancora meno disposta a cedere centimetri di terra o di potere. Gli edifici a Beit El non avevano alcun valore (religioso o strategico) eppure i coloni hanno dimostrato di essere pronti ad andare alla guerra per difenderli».
È la tattica che in ebraico è definita «tag mehir», rispondere con la violenza, le minacce, le proteste a qualunque tentativo di ristabilire l’ordine. «La polizia deve capire — spiega un boss del movimento — che qualunque intervento contro di noi ha un costo altissimo». Sono questi «i cartellini del prezzo»: le scritte razziste sulle case dei palestinesi, le chiese e le moschee bruciate, i raid mortali come quello di ieri notte a Duma. A pagare sono i contadini palestinesi con la distruzione dei loro ulivi, i pastori ai quali vengono avvelenate le pecore, le bambine assaltate a colpi di pietra sulla strada verso scuola. «L’indulgenza mostrata dal governo in tutti questi anni — commenta Amos Harel su Haaretz — ha convinto gli estremisti di poter commettere atrocità senza venire puniti». Yesh Din, organizzazione israeliana per i diritti umani, ha pubblicato di recente un dossier che testimonia l’inerzia dei soldati davanti agli attacchi contro i palestinesi: «La legge internazionale e le decisioni della Corte Suprema obbligano l’esercito a imporre la legge nei territori occupati. Il rapporto dimostra che questo dovere non è stato assolto e il compito è stato lasciato alla polizia».
I giovani estremisti rappresentano la generazione traumatizzata dal ritiro da Gaza. Sono cresciuti e si sono cementati nell’idea che non dovrà mai più accadere. È proprio dal 2005 che lo Shin Bet, i servizi segreti interni, ha rafforzato la squadra per monitorare questi gruppi. «Sono molto difficili da infiltrare — racconta un agente al quotidiano Jerusalem Post —, è più facile reclutare gli informatori tra i fondamentalisti di Hamas o della Jihad Islamica». Fanatici come Yinon Reuveni e Yehuda Asraf, arrestati con l’accusa di aver dato fuoco alla Chiesa della moltiplicazione dei pani e dei pesci sul lago di Tiberiade in Israele a metà giugno. Nell’avamposto ebraico in mezzo ai villaggi palestinesi dove Reuveni vive, la polizia ha sequestrato un manuale con le istruzioni su come alzare il livello degli attacchi terroristici. Dagli incendi dei luoghi sacri fino alla violenza contro i palestinesi.
LIBERO - Carlo Panella: "Israele punirà i coloni assassini (quel che non fanno i palestinesi)"
Carlo Panella
Il terrorismo è un problema interno di Israele, come di tutte le nazioni del mondo, anche le più democratiche. Nessuna è immune dal terrorismo politico, nazionalistico o religioso (ricordiamo l'orrore del norvegese Breiwik, tra i tanti). Ma il sangue versato nella Terra Santa per le tre religioni monoteistiche ha sempre una valenza più grave, drammatica, sconvolgente. Come sconvolgente e intollerabile è l'orrore di cui si sono macchiati i coloni israeliani che hanno bruciato vivo il piccolo Alì.
Israele per prima ha pagato il prezzo intollerabile della ferocia dei suoi terroristi, con la vita del suo straordinario premier Itsaac Rabin, ucciso il 4 novembre 1995 da Ygal Amir, un fanatico religioso israeliano che lo "punì" per il suo coraggio nel firmare con Yasser Arafat gli accordi di pace di Madrid del 1993 (poi disattesi e traditi da Arafat nel 2000, nonostante avesse ottenuto da Israele la restituzione del 90% dei Territori). Altri terroristi israeliani hanno seminato follemente morte tra gli israeliani stessi e i palestinesi, ma Israele non usa la "doppia morale" dei palestinesi e degli arabi che minacciano di "uccidere tutti gli israeliani" quando la vittima è loro, e invece scendono nelle strade urlando di gioia, quando le vittime sono tre ragazzini israeliani che facevano autostop, come è accaduto nel 2014.
Da sempre, Israele e il sionismo sono stati inflessibili con i propri terroristi: nel 1948 David Ben Gurion arrivò sino ad ordinare a Rabin di fare esplodere nel porto di Yaffa la nave Altalena, che Menachem Begin aveva riempito di armi. Si era alla vigilia della guerra del '48, con cui gli arabi volevano stroncare nel sangue Israele prima che nascesse, e quelle armi erano addirittura indispensabili ai sionisti. Ma Ben Gurion, facendo esplodere la nave Altalena impose un principio: Israele non tollera eserciti e armi che non siano sotto il controllo dello Stato. E così è stato, sempre.
Tutti i terroristi israeliani, nell'arco di pochi giorni, sono stati catturati, processati e condannati a pene altissime da Israele. Con rigidità inflessibile. E così sarà anche per i feroci assassini israeliani del piccolo Ali. Senza false pietà, codice alla mano. Non così gli arabi, non così i palestinesi. E non solo i terroristi di Hamas che non solo esultano quando vengono uccisi civili israeliani, ma fucilano senza processo i palestinesi che considerano "collaborazionisti". Anche il "moderato" Abu Mazen si muove sulle tracce di Arafat che incitava i ragazzini palestinesi a diventare "martiri" e a uccidere gli israeliani, civili o militari, adulti o bambini, come avvenne durante la "Intifada delle stragi" dei primi anni 2000.
Oggi il leader palestinese, ben sapendo che questi coloni-terroristi sono esecrati da tutta Israele e che contrastano la politica del governo di Gerusalemme (che non a caso in questi giorni aveva iniziato trattative segrete col suo inviato Saeeb Erekat), eccita gli animi dei palestinesi contro tutta Israele, li mobilita, chiama sangue contro sangue. E così continua a perdere.
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