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La Repubblica - Corriere della Sera Rassegna Stampa
31.07.2015 Il documentario su Yoav Hattab, l'eroe gentile
Recensioni di Antonio Dipollina, Aldo Grasso

Testata:La Repubblica - Corriere della Sera
Autore: Antonio Dipollina - Aldo Grasso
Titolo: «Yoav e la tragedia umana del tempo - Il documentario su Yoav Hattab, un lumino che brilla nelle tenebre»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 31/07/2015, a pag. 46, con il titolo "Yoav e la tragedia umana del tempo", la recensione di Antonio Dipollina. Segue, con il titolo "Il documentario su Yoav Hattab, un lumino che brilla nelle tenebre" l'articolo di Aldo Grasso pubblicato sul CORRIERE della SERA online.

Se avete perso il documentario trasmesso mercoledì su Rai Tre, potete guardarlo a questo indirizzo: http://www.doc3.rai.it/dl/portali/site/news/ContentItem-873e34dc-4b39-4dbd-9371-747a5c9b3e43.html

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Yoav Hattab

Antonio Dipollina: "Yoav e la tragedia umana del tempo"

Purtroppo si ricorda solo il nome dell’altro, che era Coulibaly. Ovvero l’assassino. Una delle vittime, in quel supermercato francese a Vincennes si chiamava invece Yoav Hattab e aveva 21 anni. Era il 9 gennaio e al mattino c’era stata Charlie Hebdo: nel supermercato kosher Yoav si trovava per purissimo caso, lui, tunisino ebreo. Era nordafricano, e ne subiva le conseguenze, era ebreo, idem, in un’identità che dovrebbe significare apertura al mondo e che gli è costata la pelle.

Io sono Yoav è lo speciale andato mercoledì notte su RaiTre (a ora invereconda) come primo episodio della serie estiva Doc3. Tre donne autrici, Stefania Miretti, Sabina Fedeli, Amalia Visintini: un lavoro pieno soprattutto di testimonianze di parenti e amici, quasi intollerabile la tenerezza di certe rievocazioni per un ragazzo bello, gentile e con consapevolezze superiori, finito in un assurdo incrocio della tragedia umana del tempo.

 Aldo Grasso, "Il documentario su Yoav Hattab, un lumino che brilla nelle tenebre"

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Aldo Grasso

«Io penso che la vita è un dono e non lo voglio sprecare, non sappiamo quale dono avremo domani impariamo ad accettare la vita come viene perché ogni giorno conta». Così Yoav su Facebook, in un dei suoi ultimi messaggi. Yoav Hattab è stato ucciso, il 9 gennaio 2015 a Parigi, dal terrorista islamico Amedy Coulibaly nella serie di attentati iniziati con la strage al settimanale satirico francese Charlie Hebdo. Yoav è una delle quattro vittime del supermercato kosher di Vincennes, dov’era entrato per acquistare una bottiglia di vino da portare agli amici che l’avevano invitato per shabbat. Coulibaly, il terrorista legato ai fratelli Kouachi, è entrato nel supermercato tenendo in ostaggio per ore decine di persone e ha freddato anche il ventenne Yohan Cohen, Philippe Braham di 45 anni e Francois-Michel Saada di 64 anni.

La ricordiamo bene quella giornata di terrore islamista nel cuore dell’occidente giudaico cristiano. A questo ragazzo tunisino, il secondo dei nove figli del rabbino di Tunisi, Sabina Fedeli, Stefania Miretti e Amalia Visintini hanno dedicato un documentario somigliante a un lumino che brilla nelle tenebre, il lumino dell’incredulità motivata, della colpa inesplicabile, ma anche della gioia di vivere: «Io sono Yoav» (Raitre, Doc, mercoledì, in onda ben oltre la mezzanotte).

Il documentario girato in Francia, Tunisia e Israele (dove Yoav è sepolto) raccoglie le testimonianze della famiglia Hattab e degli amici più cari, lega ricordi e testimonianze con le immagini e i filmini che ritraggono un ragazzo sempre sorridente. È una storia tragica che mette bene in luce le contraddizioni della vita di Yoav: ebreo maghrebino a Tunisi, nordafricano a Parigi (in una Francia piena di tensioni verso gli immigrati), uomo di pace davanti a mitra spianati. Però, relegare questi documentari nel cuore della notte, significa non crederci, significa non credere più, se mai è esistita, alla missione del servizio pubblico.

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