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La Repubblica Rassegna Stampa
31.07.2015 'Erdogan vuole la dittatura, noi curdi ci opponiamo'
Marco Ansaldo intervista Ertugrul Kurkcu, presidente onorario del partito curdo Hdp

Testata: La Repubblica
Data: 31 luglio 2015
Pagina: 18
Autore: Marco Ansaldo
Titolo: «'Erdogan vuole il caos per comandare a vita ma il mio partito curdo glielo ha impedito'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 31/07/2015, a pag. 18, con il titolo "Erdogan vuole il caos per comandare a vita ma il mio partito curdo glielo ha impedito", l'intervista di Marco Ansaldo a Ertugrul Kurkcu, presidente onorario del partito curdo Hdp.

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Marco Ansaldo

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Ertugrul Kurkcu

«Tayyip Erdogan non può fare quello che vuole in Turchia. Prima o poi verrà processato per corruzione e per altri crimini commessi sotto il suo mandato». Nel sud est dell’Anatolia si è tornato a sparare e a morire nella guerra fra esercito turco e ribelli curdi. Ma anche a Istanbul e Ankara la battaglia politica non scherza nell’aspro confronto fra il governo ad interim formato dai conservatori islamici e sostenuto dal Presidente, e il Partito curdo risultato il grande vincitore delle elezioni di giugno, con lo storico salto oltre lo sbarramento del 10 per cento. Mentre il leader del Partito democratico del popolo ( Hdp), Selahattin Demirtas, è impegnato a rintuzzare gli attacchi del centro destra, che chiede la revoca dell’immunità per gli 80 nuovi deputati curdi, accusati adesso di avere legami con il Pkk, è il presidente onorario del partito a parlare con Repubblica . Ertugrul Kurkcu, 67 anni, fu tra i fondatori del movimento marxista-leninista “Generazione ‘68”. Dopo il colpo di Stato del 1971, venne incarcerato per 14 anni, durante i quali ha tradotto la biografia di Karl Marx. Oggi è il nume tutelare della formazione curda in Turchia.

Presidente Kurkcu, perchè Erdogan ha deciso di cambiare strategia e attaccare militarmente lo Stato Islamico, oltre al Pkk, dopo essersi rifiutato di farlo per anni? «Erdogan non ha cambiato posizione. E’ rimasto della stessa opinione, in realtà, ritenendo lo Stato Islamico più importante dei curdi come forza legittima in Siria. E ciò fa il paio con le dichiarazioni del premier Ahmet Davutoglu sui raid contro il Pkk, decisi per difendersi, come ha detto, dal terrorismo. Un approccio che non è cambiato, dunque. Perché per loro lo Stato Islamico non è una minaccia fondamentale per la Turchia».

Però gli attacchi contro il Califfato sono comunque avvenuti. Che cosa ha portato Ankara ad agire diversamente? «Ankara ha resistito a lungo. Per molto tempo ha condotto operazioni segrete, fornito materiale allo Stato Islamico, lo ha aiutato indirettamente, come hanno rivelato i media. E il Califfato ha così aumentato il suo dominio. Soprattutto l’attacco kamikaze di Suruc, con 32 morti, ha costretto la Turchia a adottare una linea più vicina a quella di Washington. Però l’approccio mentale è sempre lo stesso, lo vediamo dalla linea militare presa con i raid contro il Pkk nel Nord Iraq».

Eppure prima di questo cambio di strategia anche con il Pkk, Erdogan aveva avviato trattative con il leader del movimento, Abdullah Ocalan, sulla questione curda. Che cosa è successo? «La situazione era cambiata già molto prima delle elezioni dello scorso 7 giugno. E quello che accade oggi ce lo mostra molto chiaramente. Erdogan segue con grande attenzione i sondaggi dell’opinione pubblica. La diminuzione dei suoi consensi ha fatto sì che virasse rotta per ottenere più voti dai nazionalisti. Per lui quello che è buono o che non è buono dipende dalla crescita o meno dei voti. L’opzione della pace è stata una grande opportunità, ma appena ha capito che questo non avrebbe favorito, ha interrotto il dialogo. Erdogan pensava di ottenere la maggioranza in parlamento per diventare il presidente eterno, e invece il voto al partito curdo glielo ha impedito».

E oggi? «Oggi per questo motivo fa la guerra nella regione curda, con lo scopo di arrivare a elezioni anticipate, ottenere i voti dei nazionalisti, diminuire il consenso dei curdi, e tornare a un governo composto da un solo partito, il proprio. Questo è il suo piano. Arrivare ad avere porte aperte per una Repubblica presidenziale».

Oggi Erdogan dice che il processo di pace sulla questione curda non è più possibile. E’ davvero così? «E’ sempre possibile. Ma per farlo bisogna essere in due. Il partito curdo è pronto, Ocalan è pronto, l’opinione pubblica curda è pronta. Ma quello che lui sostiene non rispecchia il sentire della società in generale, ma la sua posizione personale».

E a chi dice, lui o il leader dei nazionalisti, Devlet Bahceli, che va tolta l’immunità ai deputati curdi e il loro partito chiuso? «Se ci fosse giustizia in Turchia, ma non c’è, direi che non ci sono prove di legami con il terrorismo da parte del nostro partito. Sei milioni e mezzo di elettori avrebbero allora votato invano. Il Partito curdo non ha mai espresso simpatie o sostegno alle azioni della guerriglia. La nostra invece è una battaglia parlamentare, e le nostre tattiche sono ben diverse».

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