Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/07/2015, a pag. 19, con il titolo "Iran: i protagonisti della trattativa", il commento di Paolo Valentino.
Nel frattempo, in Iran...
"E questo che cos'è?"
"Il 'missile della pace'! Una volta esploso, non ci saranno più guerre con Israele"
Che il governo di Teheran non veda l’ora, lo ha confermato ieri sera il presidente della Repubblica Hassan Rouhani, costretto a cancellare il tweet dove annunciava anzitempo l’intesa nucleare: «E’ la vittoria della diplomazia e del mutuo rispetto sul paradigma dell’esclusione e della coercizione. Ed è un buon inizio», aveva scritto il leader iraniano sul social network. Fretta e parole tradiscono l’importanza della partita che si sta chiudendo in queste ore a Vienna, ma che ieri ha esaurito senza esito anche il quarto prolungamento in 16 giorni, rallentata dai diabolici dettagli residui, da una complicata stesura dei testi e da ultimi, decisivi arbitraggi politici. Tutto lascia prevedere che il giorno del grande annuncio dovrebbe essere oggi, la rinuncia ultradecennale a ogni attività nucleare da parte di Teheran, in cambio della fine cadenzata dell’embargo che ha strangolato l’economia persiana.
A negoziare nelle antiche stanze del Palazzo Coburg, ci sono da un lato i capi delle diplomazie di Usa, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia, Germania e dall’altro dell’Iran, sotto il coordinamento di Federica Mogherini, a nome dell’Unione Europea. Piccola guida ai principali personaggi di un negoziato, il cui esito positivo aprirebbe nuovi scenari alla soluzione delle crisi mediorientali.
John Kerry Il segretario di Stato sta gettando il cuore oltre l’ostacolo, in una trattativa a cui è legato il lascito suo personale e del presidente Obama in politica estera. E’ venuto a Vienna in stampelle, sutura di 40 punti alla gamba, dopo essersi rotto il femore più di un mese fa in un incidente con la bici. Ed è l’unico dei ministri a non aver mai lasciato Vienna dal 26 giugno, data d’inizio della maratona. Ha negoziato senza cedimenti, deciso ad andare avanti. Ed ha anche urlato, se necessario.
Mohammad Javad Zarif Il ministro degli Esteri iraniano, l’uomo che nella sua vita ha vissuto più tempo in America che in patria, vero protégé della Guida Suprema Ali Khamenei, è l’indiscussa rock star del negoziato. In assenza di annunci ufficiali, il suo balcone al terzo piano del Coburg è diventato il barometro al quale guardare: da lì sempre sorridente ha offerto gesti e battute alla folla dei media in assemblea permanente per strada, ora mostrandosi nella lettura di una bozza di accordo, ora facendo la pizia, con annunci del genere: «Penso che resteremo a Vienna fino a domenica». Anche lui non le ha mandate a dire. Al punto che una sera, dopo essere stato un po’ ruvido con Federica Mogherini, ha riparato invitandola a cena. Persiana.
Federica Mogherini L’Alto rappresentante per la politica estera della Ue ha ereditato da Lady Ashton l’incarico di coordinare i colloqui dei 5+1 con l’Iran. Ha svolto con competenza il suo ruolo di onesto mediatore, conquistandosi la fiducia dei due protagonisti principali. E avvalendosi di una vice formidabile: la diplomatica tedesca Helga Schmid, che ha seguito sin dall’inizio la trattativa, diventandone un po’ la memoria storica.
Federica Mogherini
[Per capire a quali vette giunga l'incompetenza di Mogherini, invitiamo a guardare questo video con le folli dichiarazioni di Federica Mogherini sull'islam: invita l'islam politico in Europa come se non sapesse che islam politico significa terrorismo (sottotitoli italiani a cura di Rachele Levi): https://www.youtube.com/watch?v=o3Z0ofUiBU0&feature=player_embedded ndr]
Sergei Lavrov Il ministro degli Esteri russo sembra uno di quei centrocampisti che in partita svolgono compiti non appariscenti ma indispensabili. Parte spesso, perché Putin lo vuole sempre accanto nelle sue saghe internazionali, ma nei momenti decisivi è al suo posto. Se torna, c’è sempre odore di accordo. Sa smorzare con battute ben piazzate i momenti di maggior tensione.
Moniz e Salehi Così lontani, così vicini. Ernest Moniz, Segretario Usa all’Energia, e Ali Akbar Salehi, capo dell’Agenzia nucleare iraniana. L’uno geniale e trasandato accademico della Ivy League, l’altro tecnocrate duro e puro del regime sciita. Ma i due scienziati condividono molto più di ciò che li separa: si sono formati entrambi al Mit, il Massachusetts Institute of Technology, dove l’iraniano ha studiato negli anni 70. Sono stati loro due, da soli, in lunghe sessioni notturne, a sciogliere molti nodi tecnici del negoziato.
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