Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/07/2015, a pag. 16, con il titolo "Quei matrimoni con la sharia (e il via libera alla poligamia)", il commento di Fabio Cavalera.
Fabio Cavalera
"Sharia per il Regno Unito": l'incubo è già realtà
L’allarme lo lancia Aina Khan, avvocatessa specializzata in diritto di famiglia. Nel Regno Unito, dice al Times, almeno centomila coppie sono sposate segretamente secondo il rito della sharia, la legge islamica. E una su quattro è poligamica, ossia l’uomo può avere fino a quattro mogli, proprio come prevedono i precetti religiosi e normativi musulmani. Aina Khan è una professionista di origini pakistane, lei stessa musulmana, ha idee liberali. La sua denuncia va presa con estrema attenzione perché coglie un fenomeno nascosto che, specie fra gli immigrati di seconda generazione si sta allargando in maniera preoccupante nella comunità dei due milioni e 700 mila musulmani.
Aina Khan ha denunciato numeri impressionanti: «Nella fascia di età sotto i 30 anni, l’80% delle nozze fra sposi islamici non è registrato e in alcuni gruppi, come quello somalo, la percentuale sale al 90». Il «Marriage Act» del 1949 impone la registrazione civile per i matrimoni celebrati col rito di alcune fedi, ad esempio quella ebraica, ma non per i matrimoni col rito della sharia. Nel vuoto legislativo si è ampliata la consuetudine di unire un giovane e una giovane musulmani evitando il passaggio civile disciplinato dalle leggi britanniche. E il risultato è che sono aumentate le unioni poligamiche clandestine .
Ogni cultura e ogni religione meritano eguale rispetto. Ma il matrimonio poligamico si traduce, o si può tradurre, nell’umiliazione della donna e ha come presupposto il ruolo padronale e coercitivo del maschio. I paesi di accoglienza, nel caso il Regno Unito, hanno l’obbligo di garantire i pari diritti. La poligamia clandestina è la conseguenza di un multiculturalismo dalle maglie troppo larghe. Riconoscere i matrimoni della sharia, non la poligamia, è una scelta controversa ma non impossibile. A patto però che sia obbligatoria, e lo chiede anche l’avvocatessa Aina Khan, la registrazione civile e di conseguenza diventi operativa la tutela civile per la parte più debole, la donna. Il rispetto dei musulmani non vuol dire accettare le discriminazioni e l’oscurantismo familiare.
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