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L'Osservatore Romano Rassegna Stampa
26.06.2015 Per l'Osservatore Romano i musulmani non hanno nulla a che fare con i 'conflitti in Terra Santa [sic!] e Medio Oriente'
L'incapacità della Santa Sede di rispettare la realtà

Testata: L'Osservatore Romano
Data: 26 giugno 2015
Pagina: 8
Autore: la redazione
Titolo: «La pazienza della pace»

Riprendiamo dall'OSSERVATORE ROMANO di oggi, 26/06/2015, a pag. 8, l'articolo "La pazienza della pace".

Il sottotitolo scelto da OR per presentare l'intervento del Papa è: "Francesco parla dei conflitti in Terra Santa e Medio Oriente e chiede a ebrei e cattolici un impegno comune".
Al di là dell'inaccettabile utilizzo del termine "Terra Santa", che sostituisce sempre "Israele" sulle pagine di OR e Avvenire, ci chiediamo se per caso il quotidiano della Santa Sede non abbia dimenticato di citare qualcuno, al fianco di ebrei e cattolici. Ma forse per OR i musulmani non hanno nulla a che fare con i "conflitti in Terra Santa e Medio Oriente".

Ecco l'articolo:

La pace non va soltanto «desiderata» ma «ricercata e costruita pazientemente e tenacemente». Lo ha ricordato il Papa a una delegazione di B'nai B'rith International, ricevuta in udienza giovedì mattina, 25 giugno, nella Sala dei Papi.


Papa Francesco

Cari amici,

Sono lieto di salutarvi, in occasione di questa visita in Vaticano. I miei predecessori hanno incontrato delegazioni di B'nai B'rith International in diverse occasioni, e oggi io vi do il mio benvenuto con rinnovata e rispettosa cordialità. La vostra organizzazione ha contatti con la Santa Sede da quando fu promulgata la Dichiarazione conciliare Nostra aetate, che ha costituito una pietra miliare nel cammino di reciproca conoscenza e stima tra gli ebrei e i cattolici, sulla base del grande patrimonio spirituale che, grazie a Dio, abbiamo in comune.

Guardando a questi cinquant'anni di storia del dialogo sistematico tra la Chiesa cattolica e l'Ebraismo, non posso che ringraziare il Signore per tanti progressi compiuti. Sono state avviate numerose iniziative di reciproca conoscenza e di dialogo; soprattutto si è andato sviluppando un senso di vicendevole fiducia e apprezzamento. Sono tanti i campi nei quali, ebrei e cristiani, possiamo continuare a lavorare insieme per il bene dell'umanità del nostro tempo. Il rispetto della vita e del creato, la dignità umana, la giustizia, la solidarietà possono vederci uniti per lo sviluppo della società e per assicurare un futuro ricco di speranza per le generazioni che verranno. In maniera particolare, siamo chiamati a pregare e lavorare insieme per la pace.

Sono tanti, purtroppo, i Paesi e le regioni del mondo che vivono in una situazione di conflitto — penso in particolare alla Terra Santa e al Medio Oriente — e che richiedono un impegno coraggioso per la pace: essa non soltanto va desiderata, ma ricercata e costruita pazientemente e tenacemente, con la partecipazione di tutti, in particolare dei credenti. In questo momento, insieme con voi, vorrei ricordare con sentita riconoscenza tutti coloro che hanno lavorato per l'amicizia tra ebrei e cattolici.

In particolare desidero menzionare san Giovanni XXIII e san Giovanni Paolo II. Il primo salvò tanti ebrei durante la seconda guerra mondiale, li incontrò molte volte e volle fortemente un documento conciliare su questo tema; del secondo sono sempre vivi nella nostra memoria alcuni storici gesti, come la visita ad Auschwitz e quella al Tempio Maggiore di Roma. Sulle loro orme, con l'aiuto di Dio, desidero continuare a camminare, incoraggiato anche da tante belle esperienze di incontro e di amicizia vissute a Buenos Aires.

Che l'Onnipotente ed Eterno benedica abbondantemente il nostro dialogo, soprattutto in questo anno in cui ricorre il cinquantesimo anniversario di Nostra aetate, affinché la nostra amicizia cresca sempre più e porti abbondanti frutti per le nostre comunità e per l'intera famiglia umana. Grazie.

Per inviare la propria opinione all'Osservatore Romano, telefonare 06/69883461, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


ornet@ossrom.va

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